di Pietro Guerini – Portavoce nazionale no194
Al fine di disincentivare qualsiasi critica o attacco alla legge 194 si ricorre ad una svariata serie di argomentazioni , che spaziano dal fatalistico al fantasioso .
Le argomentazioni fatalistiche operano per lo più a livello psicologico e mirano ad alimentare il terreno fertile della pigrizia , del pessimismo e della rassegnazione , esprimendosi nella convinzione che ormai il diritto all’aborto sia ineluttabilmente acquisito come tale nella coscienza popolare .
Il che può indurre molti soggetti critici verso il fenomeno abortivo a sentirsi comunque con la coscienza a posto , in quanto l’adesione ad iniziative in linea con le loro convinzioni dovrebbe ritenersi del tutto inutile .
Con le argomentazioni fantasiose , viceversa , si prospettano anche ostacoli oggettivi e assoluti (come tali , non puramente probabilistici) che blinderebbero la legalizzazione dell’interruzione volontaria di gravidanza , spesso confidando in mala fede nella mancata conoscenza di nozioni tecniche che non può che riguardare coloro che non hanno una formazione specifica al riguardo .
Una tematica particolarmente sofisticata diffusa dagli illuminati ed emancipati difensori del diritto di sopprimere un concepito è rappresentata dalla presunta intangibilità formale della 194 , in quanto legge essenziale a scongiurare un vuoto normativo .
Taluni , poi , aggiungono che senza la 194 si potrebbe praticare l’aborto libero ( come se ciò già in pratica non avvenisse , stante il contenuto della legge ed il clima di lassismo diffuso che essa ha introdotto ) .
Premetto che ho già sottolineato ( ad esempio nel pezzo pubblicato il 31-1-2010 ) come la formulazione dei quesiti referendari debba essere circostanziata e tener presente la necessità di scongiurare censure formali da parte della Corte Costituzionale .
Non a caso , già dal primo articolo ( da cui è poi nato il sito http://www.no194.org/ attraverso il quale si può aderire all’iniziativa ) con il quale ho inteso farmi promotore di un nuovo referendum abrogativo della l. 194 , quello pubblicato su http://www.ledestrabergamo.it/ il 18-7-2009 , sito che mi ha gentilmente ospitato nonostante non fossi iscritto a quel ( come a nessun altro ) partito , auspicavo l’abrogazione delle norme “ più significative “ di quella legge .
L’abrogazione totale della legge , quindi , a prescindere dalla sua condivisibilità sostanziale , può non essere opportuna per ragioni formali , stante il pericolo di una declaratoria d’inammissibilità della consultazione .
In particolare , vi è il timore che la Consulta possa subire condizionamenti ( in astratto sempre possibili ) soprattutto di natura politico-giornalistica , alimentati dalle lobbies interessate al fenomeno abortivo , che vanifichino gli sforzi della nostra iniziativa .
Ciò premesso , la tesi della non ammissibilità in sé di un referendum abrogativo totale si fonda per lo più sulle sentenze della stessa Corte nn. 45-49 del 2005 .
Sino a tali decisioni , l’ammissibilità di un referendum di portata integrale veniva escluso per tre categorie di leggi : quelle a contenuto costituzionalmente vincolato , quelle implementanti una tutela minima ad un principio costituzionale e , quale subspecie di quest’ultime , quelle costituzionalmente necessarie ( che riproducono princìpi costituzionali nel solo modo costituzionalmente consentito o che , se abrogate , priverebbero di rilievo un principio o un organo costituzionale ) .
La legge 194 non rientra , all’evidenza, in nessuna delle tre categorie indicate .
Ora , con le pronunce ora menzionate si è sostenuta la non ammissibilità di un referendum abrogativo totale della legge sulla procreazione medicalmente assistita e sono stati , di contro , ammessi quattro referendum di abrogazione parziale , escludendo in modo espresso che le disposizioni di legge del quesito potessero ritenersi a contenuto costituzionalmente vincolato , senza citare neppure le altre due categorie .
Ebbene , la Consulta , nella pronuncia n. 45 , sembra aver introdotto un quarto motivo di inammissibilità , ritenendo non totalmente abrogabile per via referendaria una legge che “assicuri un livello minimo di tutela legislativa“ , quindi semplicemente “legislativa“ e non più “costituzionale“ .
Oggetto del divieto , dunque , sarebbe una legge qualunque essa sia .
Proprio a questo precedente fanno riferimento coloro che intendono negare la praticabilità di un referendum abrogativo totale della 194 , in realtà incorrendo in un clamoroso errore ( se in buona fede ) o ricorrendo ad una palese menzogna ( se in mala fede ) .
Occorre tener presente che la l. 40 sulla procreazione medicalmente assistita è intervenuta , essa sì , a colmare un vuoto normativo , essendo stata la prima ed unica normativa di settore entrata in vigore nel nostro paese .
Il che non può dirsi per la 194 in materia di aborto .
A convincersene è sufficiente leggere l’art. 22 della stessa 194 , con il quale si abrogano espressamente articoli di legge precedenti , segnatamente il titolo X del libro II del codice penale , nonché il n. 3 ) del primo comma ed il n. 5 ) del secondo comma dell’art. 583 c.p. .
Il fenomeno in oggetto , dunque , era già disciplinato , in sede penale .
Con il titolo X del libro II del codice penale , in particolare , si puniva il reato di aborto .
A seguito dell’abrogazione di tale titolo , sono oggi puniti il maltrattamento di animali e di cose altrui ( sotto forma di danneggiamento ) , come l’inquinamento dell’aria ( che può implicare la commissione di reati ambientali ) , ma non la soppressione ( evento estremo , totale ed irreparabile ) di un concepito , che viene così relegato ad uno stato inferiore rispetto a quello di un cane , di una sedia altrui o di mera aria , che vengono viceversa tutelati giuridicamente .
Non a caso Emma Bonino può dichiarare che embrione e feto equivalgono ad una linfa ( liquido chiaro , lattescente che circola nei vasi linfatici ) .
Quanto alla soppressione dei beni non altrui , essa può comunque creare problemi maggiori rispetto a quella di un concepito , legati al compimento di possibili reati ambientali per il loro smaltimento .
Coerentemente con tale configurazione del concepito , sono stati pure abrogati , come detto , il n. 3) del primo comma ed il n. 5) del secondo comma dell’art. 583 c.p. , che contemplavano come aggravanti del delitto di lesioni le circostanze che la persona offesa fosse una donna incinta e che dal fatto fossero derivati l’acceleramento del parto o l’aborto della persona offesa .
Quindi , un eventuale referendum abrogativo totale della legge non implicherebbe nessun vuoto normativo , ma la restaurazione della normativa preesistente , che già non equiparava a tutti gli effetti e sino in fondo il concepito ad un qualsiasi essere umano , poiché , analogamente a quanto ancor oggi previsto per l’infanticidio commesso dalla madre immediatamente dopo il parto in condizioni di abbandono ( art. 578 c.p. ) , il reato di aborto era distinto rispetto a quello di omicidio doloso e la pena era decisamente inferiore a quella prevista per tale ultimo delitto .
E quindi , a maggior ragione , nessun aborto libero , giacché tale pratica verrebbe , all’opposto , sanzionata .
Ad ogni buon conto , essendomi rappresentato sin dall’origine dell’iniziativa il problema in oggetto ed i rischi di una sua strumentalizzazione , ho da subito individuato ed indicato l’oggetto del referendum in più quesiti , relativi ciascuno a singole disposizioni della 194 , a partire dagli artt. 4 e 5 , attorno ai quali si registra un notevole dissenso .
Come ricordato , in particolare , in base ad un sondaggio Eurispes del 2006 :
-il 73,7% degli italiani si dichiara contrario all’art. 4 circa l’ammissione dell’interruzione volontaria di gravidanza nei primi 90 giorni per mere ragioni economiche , morali e sociali ;
-il 78% dei nostri connazionali , in dissenso con l’art. 5 , non condivide che la decisione abortiva possa essere presa in via esclusiva dalla donna , anche se coniugata , senza che il potenziale padre abbia il diritto di essere anche solo informato della sua decisione .
E , non a caso , i quesiti in materia di fecondazione medicalmente assistita aventi come oggetto singole disposizione della l. 40 sono stati ammessi , senza che la questione del vuoto normativo assumesse alcun decisivo rilievo .
Nessuna sopraggiunta ( rispetto alla prima consultazione referendaria del 1981 ) preclusione formale , dunque , osta all’iniziativa referendaria .
Nell’ambito della quale si potrebbe anche prevedere la formulazione aggiuntiva di un quesito abrogativo totale , che sarebbe però a rischio di inammissibilità per le ragioni sopra ricordate .
Quesito abrogativo totale che , tra l’altro , farebbe salva anche l’adozione di una normativa analoga a quella irlandese ( aborto ammesso solo in caso di pericolo di vita della madre , il che casisticamente si verifica in una percentuale insignificante sugli aborti totali ) , considerata l’applicabilità in tal caso della causa di giustificazione comune di cui all’art. 54 c.p. , rappresentata dallo stato di necessità .
A tale ultima disposizione , a mio avviso , si dovrebbe aggiungere un comma specifico in materia , onde offrire alla donna una tutela legislativa e non rimessa agli orientamenti giurisprudenziali .
Il rischio ( considerati gli auspicati effetti abrogativi sull’art. 5 ) sarebbe rappresentato dall’eventualità che un padre possa decidere della vita della madre del proprio figlio per ragioni di gravidanza , in palese violazione , tra l’altro , con il principio di eguaglianza di cui all’art. 3 della Costituzione .
Ricordo , infine , che , a seguito degli interventi della Consulta sull’art. 39 della legge 352 del 1970, un successo referendario e , comunque , l’emanazione di una legge per evitare la consultazione , vincolerebbero il Parlamento ad emettere modifiche legislative in linea con i principi ispiratori dell’iniziativa abrogativa .
Modifiche legislative neppure tentate nel corso di oltre 32 anni dall’entrata in vigore della 194 , da un classe parlamentare molto sensibile agli interessi di comodo degli elettori e per nulla interessata agli interessi vitali dei concepiti , che elettori non sono .
Ecco perché la via referendaria è l’unica praticabile per attaccare la legge di cui trattasi .
Via percorrendo la quale potrebbero conseguirsi ( a seguito di un’unilaterale azione del Parlamento) anche risultati intermedi ( di natura legislativa e diretti a rendere più restrittiva l’attuale disciplina ) rispetto a quello abrogativo , che costituisce , peraltro e comunque , l’unico obiettivo di questa iniziativa , del tutto estranea a squallidi patteggiamenti fatti sulla pelle del nostro prossimo .
Al fine di disincentivare qualsiasi critica o attacco alla legge 194 si ricorre ad una svariata serie di argomentazioni , che spaziano dal fatalistico al fantasioso .
Le argomentazioni fatalistiche operano per lo più a livello psicologico e mirano ad alimentare il terreno fertile della pigrizia , del pessimismo e della rassegnazione , esprimendosi nella convinzione che ormai il diritto all’aborto sia ineluttabilmente acquisito come tale nella coscienza popolare .
Il che può indurre molti soggetti critici verso il fenomeno abortivo a sentirsi comunque con la coscienza a posto , in quanto l’adesione ad iniziative in linea con le loro convinzioni dovrebbe ritenersi del tutto inutile .
Con le argomentazioni fantasiose , viceversa , si prospettano anche ostacoli oggettivi e assoluti (come tali , non puramente probabilistici) che blinderebbero la legalizzazione dell’interruzione volontaria di gravidanza , spesso confidando in mala fede nella mancata conoscenza di nozioni tecniche che non può che riguardare coloro che non hanno una formazione specifica al riguardo .
Una tematica particolarmente sofisticata diffusa dagli illuminati ed emancipati difensori del diritto di sopprimere un concepito è rappresentata dalla presunta intangibilità formale della 194 , in quanto legge essenziale a scongiurare un vuoto normativo .
Taluni , poi , aggiungono che senza la 194 si potrebbe praticare l’aborto libero ( come se ciò già in pratica non avvenisse , stante il contenuto della legge ed il clima di lassismo diffuso che essa ha introdotto ) .
Premetto che ho già sottolineato ( ad esempio nel pezzo pubblicato il 31-1-2010 ) come la formulazione dei quesiti referendari debba essere circostanziata e tener presente la necessità di scongiurare censure formali da parte della Corte Costituzionale .
Non a caso , già dal primo articolo ( da cui è poi nato il sito http://www.no194.org/ attraverso il quale si può aderire all’iniziativa ) con il quale ho inteso farmi promotore di un nuovo referendum abrogativo della l. 194 , quello pubblicato su http://www.ledestrabergamo.it/ il 18-7-2009 , sito che mi ha gentilmente ospitato nonostante non fossi iscritto a quel ( come a nessun altro ) partito , auspicavo l’abrogazione delle norme “ più significative “ di quella legge .
L’abrogazione totale della legge , quindi , a prescindere dalla sua condivisibilità sostanziale , può non essere opportuna per ragioni formali , stante il pericolo di una declaratoria d’inammissibilità della consultazione .
In particolare , vi è il timore che la Consulta possa subire condizionamenti ( in astratto sempre possibili ) soprattutto di natura politico-giornalistica , alimentati dalle lobbies interessate al fenomeno abortivo , che vanifichino gli sforzi della nostra iniziativa .
Ciò premesso , la tesi della non ammissibilità in sé di un referendum abrogativo totale si fonda per lo più sulle sentenze della stessa Corte nn. 45-49 del 2005 .
Sino a tali decisioni , l’ammissibilità di un referendum di portata integrale veniva escluso per tre categorie di leggi : quelle a contenuto costituzionalmente vincolato , quelle implementanti una tutela minima ad un principio costituzionale e , quale subspecie di quest’ultime , quelle costituzionalmente necessarie ( che riproducono princìpi costituzionali nel solo modo costituzionalmente consentito o che , se abrogate , priverebbero di rilievo un principio o un organo costituzionale ) .
La legge 194 non rientra , all’evidenza, in nessuna delle tre categorie indicate .
Ora , con le pronunce ora menzionate si è sostenuta la non ammissibilità di un referendum abrogativo totale della legge sulla procreazione medicalmente assistita e sono stati , di contro , ammessi quattro referendum di abrogazione parziale , escludendo in modo espresso che le disposizioni di legge del quesito potessero ritenersi a contenuto costituzionalmente vincolato , senza citare neppure le altre due categorie .
Ebbene , la Consulta , nella pronuncia n. 45 , sembra aver introdotto un quarto motivo di inammissibilità , ritenendo non totalmente abrogabile per via referendaria una legge che “assicuri un livello minimo di tutela legislativa“ , quindi semplicemente “legislativa“ e non più “costituzionale“ .
Oggetto del divieto , dunque , sarebbe una legge qualunque essa sia .
Proprio a questo precedente fanno riferimento coloro che intendono negare la praticabilità di un referendum abrogativo totale della 194 , in realtà incorrendo in un clamoroso errore ( se in buona fede ) o ricorrendo ad una palese menzogna ( se in mala fede ) .
Occorre tener presente che la l. 40 sulla procreazione medicalmente assistita è intervenuta , essa sì , a colmare un vuoto normativo , essendo stata la prima ed unica normativa di settore entrata in vigore nel nostro paese .
Il che non può dirsi per la 194 in materia di aborto .
A convincersene è sufficiente leggere l’art. 22 della stessa 194 , con il quale si abrogano espressamente articoli di legge precedenti , segnatamente il titolo X del libro II del codice penale , nonché il n. 3 ) del primo comma ed il n. 5 ) del secondo comma dell’art. 583 c.p. .
Il fenomeno in oggetto , dunque , era già disciplinato , in sede penale .
Con il titolo X del libro II del codice penale , in particolare , si puniva il reato di aborto .
A seguito dell’abrogazione di tale titolo , sono oggi puniti il maltrattamento di animali e di cose altrui ( sotto forma di danneggiamento ) , come l’inquinamento dell’aria ( che può implicare la commissione di reati ambientali ) , ma non la soppressione ( evento estremo , totale ed irreparabile ) di un concepito , che viene così relegato ad uno stato inferiore rispetto a quello di un cane , di una sedia altrui o di mera aria , che vengono viceversa tutelati giuridicamente .
Non a caso Emma Bonino può dichiarare che embrione e feto equivalgono ad una linfa ( liquido chiaro , lattescente che circola nei vasi linfatici ) .
Quanto alla soppressione dei beni non altrui , essa può comunque creare problemi maggiori rispetto a quella di un concepito , legati al compimento di possibili reati ambientali per il loro smaltimento .
Coerentemente con tale configurazione del concepito , sono stati pure abrogati , come detto , il n. 3) del primo comma ed il n. 5) del secondo comma dell’art. 583 c.p. , che contemplavano come aggravanti del delitto di lesioni le circostanze che la persona offesa fosse una donna incinta e che dal fatto fossero derivati l’acceleramento del parto o l’aborto della persona offesa .
Quindi , un eventuale referendum abrogativo totale della legge non implicherebbe nessun vuoto normativo , ma la restaurazione della normativa preesistente , che già non equiparava a tutti gli effetti e sino in fondo il concepito ad un qualsiasi essere umano , poiché , analogamente a quanto ancor oggi previsto per l’infanticidio commesso dalla madre immediatamente dopo il parto in condizioni di abbandono ( art. 578 c.p. ) , il reato di aborto era distinto rispetto a quello di omicidio doloso e la pena era decisamente inferiore a quella prevista per tale ultimo delitto .
E quindi , a maggior ragione , nessun aborto libero , giacché tale pratica verrebbe , all’opposto , sanzionata .
Ad ogni buon conto , essendomi rappresentato sin dall’origine dell’iniziativa il problema in oggetto ed i rischi di una sua strumentalizzazione , ho da subito individuato ed indicato l’oggetto del referendum in più quesiti , relativi ciascuno a singole disposizioni della 194 , a partire dagli artt. 4 e 5 , attorno ai quali si registra un notevole dissenso .
Come ricordato , in particolare , in base ad un sondaggio Eurispes del 2006 :
-il 73,7% degli italiani si dichiara contrario all’art. 4 circa l’ammissione dell’interruzione volontaria di gravidanza nei primi 90 giorni per mere ragioni economiche , morali e sociali ;
-il 78% dei nostri connazionali , in dissenso con l’art. 5 , non condivide che la decisione abortiva possa essere presa in via esclusiva dalla donna , anche se coniugata , senza che il potenziale padre abbia il diritto di essere anche solo informato della sua decisione .
E , non a caso , i quesiti in materia di fecondazione medicalmente assistita aventi come oggetto singole disposizione della l. 40 sono stati ammessi , senza che la questione del vuoto normativo assumesse alcun decisivo rilievo .
Nessuna sopraggiunta ( rispetto alla prima consultazione referendaria del 1981 ) preclusione formale , dunque , osta all’iniziativa referendaria .
Nell’ambito della quale si potrebbe anche prevedere la formulazione aggiuntiva di un quesito abrogativo totale , che sarebbe però a rischio di inammissibilità per le ragioni sopra ricordate .
Quesito abrogativo totale che , tra l’altro , farebbe salva anche l’adozione di una normativa analoga a quella irlandese ( aborto ammesso solo in caso di pericolo di vita della madre , il che casisticamente si verifica in una percentuale insignificante sugli aborti totali ) , considerata l’applicabilità in tal caso della causa di giustificazione comune di cui all’art. 54 c.p. , rappresentata dallo stato di necessità .
A tale ultima disposizione , a mio avviso , si dovrebbe aggiungere un comma specifico in materia , onde offrire alla donna una tutela legislativa e non rimessa agli orientamenti giurisprudenziali .
Il rischio ( considerati gli auspicati effetti abrogativi sull’art. 5 ) sarebbe rappresentato dall’eventualità che un padre possa decidere della vita della madre del proprio figlio per ragioni di gravidanza , in palese violazione , tra l’altro , con il principio di eguaglianza di cui all’art. 3 della Costituzione .
Ricordo , infine , che , a seguito degli interventi della Consulta sull’art. 39 della legge 352 del 1970, un successo referendario e , comunque , l’emanazione di una legge per evitare la consultazione , vincolerebbero il Parlamento ad emettere modifiche legislative in linea con i principi ispiratori dell’iniziativa abrogativa .
Modifiche legislative neppure tentate nel corso di oltre 32 anni dall’entrata in vigore della 194 , da un classe parlamentare molto sensibile agli interessi di comodo degli elettori e per nulla interessata agli interessi vitali dei concepiti , che elettori non sono .
Ecco perché la via referendaria è l’unica praticabile per attaccare la legge di cui trattasi .
Via percorrendo la quale potrebbero conseguirsi ( a seguito di un’unilaterale azione del Parlamento) anche risultati intermedi ( di natura legislativa e diretti a rendere più restrittiva l’attuale disciplina ) rispetto a quello abrogativo , che costituisce , peraltro e comunque , l’unico obiettivo di questa iniziativa , del tutto estranea a squallidi patteggiamenti fatti sulla pelle del nostro prossimo .
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