sabato 26 febbraio 2011

Libia, Governo si mobiliti a favore di lavoratori e imprese italiani


Centrella: “Mettere fine a massacro e intervenire contro ripercussioni economiche”
Data: 25/02/2011
“Siamo fortemente preoccupati per i lavoratori italiani in Libia, così come per le imprese, e per questo chiediamo al governo di intervenire al più presto per evitare ulteriori perdite di vite umane”.
Lo dichiara Giovanni Centrella, segretario generale dell’Ugl, per il quale “alla luce della gravità della situazione, degli interessi e delle relazioni del governo italiano con la Libia è assolutamente doveroso mobilitarsi per mettere fine al massacro di civili e per scongiurare ripercussioni negative a partire dall’emergenza sbarchi fino ad arrivare all’approvvigionamento energetico”.
Intanto, rincarano i prezzi dei carburanti. Per il segretario confederale dell’Ugl, Paolo Varesi, “il cosiddetto ‘effetto Libia’ non sia la scusa per dare avvio ad aumenti speculativi solo in parte giustificati dai tragici eventi che si stanno verificando nel Paese nordafricano”.
“Le compagnie hanno ritoccato verso l’alto i prezzi dei carburanti già di 2 centesimi al litro - spiega -, senza ragioni obiettive, ma solo sulla scorta di un possibile calo dell’offerta. Una velocità di ‘reazione’ che non si registra quando, invece, si tratta di adeguare al ribasso i medesimi prezzi”.
“Gli aumenti rischiano di causare un effetto domino, soprattutto per quanto riguarda i prodotti alimentari e i generi di prima necessità, che potrebbero diventare preda della possibile speculazione legata al trasporto. E’ dunque necessario - conclude il sindacalista - che il governo monitori con attenzione quanto sta succedendo e convochi immediatamente un tavolo di confronto con le parti interessate per delineare una strategia comune anti-speculazione”.

Fonte:  http://www.ugl.it/InPrimoPiano/tabid/209/ctl/Details/mid/582/ItemID/5025/language/it-IT/Default.aspx?SkinSrc=[L]Skins/interna_2_colonne/skin&ContentPaneSkin=[L]Containers/xhtml_orig/innerContent_container

venerdì 25 febbraio 2011

Allarme immigrazione: tiepida la risposta dell’Europa alla richiesta d’aiuto dell’Italia. Pericolo per le infiltrazioni terroristiche

Sulle violenze in Libia è intervenuto ieri sera anche il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza Episcopale Italiana, secondo il quale si tratta di “una grande tragedia sotto gli occhi di tutti”. “Tutta l'Europa - ha poi aggiunto il porporato - deve intervenire in modo efficace sul fronte immigrazione per aiutare i Paesi di primo approdo”.

RadioVaticana - Sarebbero, infatti, diverse centinaia di migliaia le persone pronte a partire dalla Libia alla volta delle coste europee. L’allarme è stato lanciato da più fronti ed il governo italiano si dice molto preoccupato per quanto potrebbe accadere. A Bruxelles, ieri, l’argomento è stato al centro di un vertice dei Ministri degli Interni europei. Dalla capitale belga, ci riferisce Laura Serassio.
Riflettori puntati anche sulla sicurezza: insieme all’enorme flusso di immigrati, potrebbero, infatti, arrivare anche appartenenti a cellule terroristiche intenzionate a colpire l’Europa. Come si può evitare giuridicamente un problema del genere? Salvatore Sabatino lo ha chiesto a Monica Spatti, ricercatrice del Dipartimento di studi giuridici all'Università Cattolica di Milano ed esperta di immigrazione in ambito europeo.
 

domenica 13 febbraio 2011

Il 17 marzo: festa di una nazione e di un popolo

A partire dal 1821 e fino al 1870 si concretizza quella che storicamente è definita “L’Unità d’Italia”. Sbaglia chi inquadra questo periodo come mera questione politica: il Risorgimento fu la celebrazione di valori universali come l’umanità, la solidarietà e la fratellanza sotto un unico vessillo…

di Stefano Buso

Il 17 marzo 2011 sarà festa nazionale. Tra l’altro esclusiva di quest’anno, poiché si festeggeranno i centocinquant’anni dell’Unità d’Italia. Quello che potrebbe essere una lieta circostanza che avvicina tra loro gli italiani ha altresì innescato sterili polemiche e più di qualche protesta. C’è chi dice che è una festa irrinunciabile, proprio perché avviene una sola volta, perciò da celebrare. Altri rumoreggiano perché capita di giovedì, un giorno come un altro, utile alle maestranze – della serie “in Italia (a dire di qualcuno) si lavora ancora troppo poco”…. Infine, c’è qualcuno convinto che ognuno deve comportarsi secondo la propria coscienza. 

Nei fatti è stato o no stabilito che il 17 marzo sia festa? Bene, allora si festeggi, per sentirsi tutti uniti, ed esser riconoscenti a chi ha dato i migliori anni della propria vita per costruire il nostro Bel Paese! Quello che si palesa come una matassa da sbrogliare è quindi in realtà una questione di facile soluzione. 

Ciò detto, emerge un’evidente strumentalizzazione atta a minimizzare il significato intrinseco del festeggiamento. Perché proprio quel giorno?, insiste qualche mente maliziosa. Come mai non farla di sabato o domenica? E il valzer dei se, dei ma, dei forse e dei perché ha preso il via e sembra destinato a proseguire fino al fatidico evento. 

Per quanto concerne il giorno lavorativo e i relativi brontolii, basti ricordare che, lustri or sono, i proprietari terrieri ancora tuonavano quando i braccianti si recavano alla messa di domenica. Sì, perché secondo i possidenti persino il giorno del Signore era necessario al provento. E così, quando qualche prete di campagna si appellava alla sensibilità dei ricconi affermando che la domenica era giorno di preghiera (e di riposo), era bollato come pericoloso socialista. Probabilmente ai latifondisti era del tutto sfuggito il De Rerum Novarum di Leone XIII e soprattutto il messaggio inconfutabile d’apertura alle masse che il Pontefice aveva voluto significare in quell'enciclica sociale.

Ritornando alla vexata quaestio – festa sì o no – seppur da posizioni differenti bisognerebbe far prevalere il buon senso, aspetto che da un bel po' manca nel nostro quotidiano. Abbondano invece apatia e qualunquismo, proprio alla vigilia del centocinquantesimo. Spiace costatare che questa cerimonia non scalfisca il cuore degli italiani, giovani e anziani. È la triste verità purtroppo, anche se la colpa non è tutta del popolo: l’impressione è di una decisa mancanza di slancio ed entusiasmo dall’alto. Chiamiamolo pure esempio, tanto per semplificare il concetto! È così tra indecisioni, tentennamenti e impegni vari, questa giornata rischia di scivolare anonimamente nel dimenticatoio.
Disertare un appuntamento così significativo equivale a soffocare la memoria collettiva rinunciando al dialogo con il passato. Peggio, equivale a non ravvivare quella fiammella che idealmente arde nel cuore di ognuno di noi: senso di patria (e appartenenza) non certo come anacronistici flirt nazionalistici, bensì quale tributo a chi ha lottato anima e corpo affinché questo lungo lembo di terra potesse chiamarsi Italia. Buon 17 marzo a tutti.
 
 

domenica 6 febbraio 2011

«Tagliare finanziamento all’aborto nostra priorità»

«La legislazione per vietare in modo permanente il finanziamento all’aborto in tutti i programmi federali è una delle nostre più alte priorità legislative», così si è espresso il nuovo speaker della Camera degli Stati Uniti, John Boehner il 20 gennaio 2010 durante una conferenza.

Uccr - Ha anche aggiunto che la nuova maggioranza repubblicana sta mantenendo il suo impegno con i contribuenti «garantendo che le loro tasse non verranno mai utilizzate per finanziare aborti». Ha detto che un divieto di finanziamento aborto è «la volontà del popolo e deve essere la legge del paese». Ha anche citato un sondaggio della Quinnipac University, nel quale si rileva che il 67% dei contribuenti è contrario al finanziato dell’aborto. Ha continuato: «Il nostro nuovo progetto di legge è stato ideato per porre fine definitivamente a qualsiasi sostegno finanziario del governo degli Stati Uniti verso l’aborto, sia che si tratti di finanziamento diretto o crediti d’imposta o qualsiasi altra sovvenzione».
Si tratta della Legge per la protezione della vita (Protect Life Act), della Legge contro la discriminazione sull’aborto (Abortion Non-Discrimination Act, Anda in sigla) e della Legge sul finanziamento da parte dei contribuenti all’aborto (Taxpayer Funding for Abortion Act). I vescovi degli Stati Uniti hanno valutano positivamente i tre progetti di legge presentati alla Camera dei Rappresentanti che vogliono tutelare meglio la libertà di coscienza dei contribuenti e degli operatori sanitari in materia di aborto.
 

venerdì 4 febbraio 2011

PROCLAMATO DALL'UGL STATO DI AGITAZIONE PER TUTTE LE CATEGORIE DEL PUBBLICO IMPIEGO

Dopo un anno di annunci mediatici, da parte del Ministro alla Funzione Pubblica, la riforma della Pubblica Amministrazione si è rivelata un vero e proprio bluff. Sebbene la riforma inizialmente abbia ottenuto dei risultati positivi, anche per via dell’effetto della campagna “antifannulloni”, ora le deficienze del suo impianto originario ed in particolare le profonde lacune attuative, rischiano di naufragare nella più classica delle trappole, la nostra burocrazia e la lotta tra le burocrazie per la salvaguardia delle sfere di competenza. L’attuazione della riforma, di fatto, ha investito le Amministrazioni Pubbliche, di nuovi adempimenti burocratici, andando a gravare una situazione già di per sé (in conseguenza alla scelta dissennata di operare un taglio indiscriminato agli organici del personale con il blocco del turn-over) ai limiti del possibile. La performance e la valutazione individuale, sono state le parole chiave attraverso le quali, il Ministro Brunetta, aveva promesso al paese una radicale trasformazione della vecchia e rugginosa Amministrazione Pubblica. Ad esse si accompagnava un complesso sistema di premi e di sanzioni, sino al licenziamento per scarso rendimento, sostenuto da una rivisitazione in chiave privatistica del ruolo del dirigente. Ma l’impianto organizzativo generale e le complicate e farraginose procedure di produzione dell’atto amministrativo e l’organizzazione interna restavano tali e quali. Considerato che il fulcro della riforma è costituito dalla valutazione dalla misurazione della performance individuale è conseguente che premi e sanzioni ne siano i corollari obbligati. Ma le risorse per i premi economici sono scomparse azzerate dalla legge di stabilità, che ha congelato le retribuzioni e tagliato le risorse. Inoltre, proprio la presenza nella riforma di alcuni elementi fortemente prescrittivi e punitivi nei confronti del personale, non hanno fatto altro che deprimere il senso di appartenenza e la reputazione di tanti dipendenti pubblici. Il risultato non poteva essere che un fallimento annunciato! Per cambiare realmente e rendere la Pubblica Amministrazione più efficiente e competitiva, si devono prima risolvere i problemi a livello organizzativo e mettere mani sull’intero sistema. Si deve puntare sul valore del fattore “Pubblico” e valutare con meticolosità l’impatto dell’azione amministrativa, in un ambiente spesso privo di parti con cui confrontarsi. In definitiva, l’interesse dei cittadini e delle imprese, che hanno seguito con attenzione e favore questa riforma, era attratto dalla promessa di una trasformazione in positivo dei servizi offerti dalle Pubbliche Amministrazioni. Invece di puntare su questa aspetto, la riforma si è concentrata nel colpire il singolo dipendente, attraverso il meccanismo del premio e della sanzione che, alla collettività, oltre che leggere una notizia in più nella cronaca dei quotidiani, non ha portato nulla! Il motivo per il quale è stato mancato l’obiettivo, è che la sanzione per il singolo dipendente è diventato il vero cardine di tutta la riforma, attribuendo anche alla valutazione e alla performance una valenza fortemente, se non esclusivamente, punitiva. Resta molto singolare inoltre, che per organizzare il tutto, si è creata una Commissione di Valutazione che, oltre ad avere un costo rilevante per tutti i cittadini, non ha nessuna autonomia di potere, in quanto i suoi membri vengono nominati, e le retribuzioni stabilite, dal Governo. Ma anche sul versante della democrazia sindacale la riforma Brunetta non ha mantenuto gli impegni nonostante la tassatività della norma. L’articolo 65, comma 3, del decreto legislativo “Brunetta” sebbene avesse, in deroga all’articolo 42, comma 4, del predetto decreto legislativo n. 165 del 2001, prorogato gli organismi di rappresentanza del personale anche se le relative elezioni erano state già indette, aveva stabilito che “le elezioni relative al rinnovo dei predetti organismi di rappresentanza si svolgeranno, con riferimento ai nuovi comparti di contrattazione, entro il 30 novembre 2010”. Parole, nonostante scritte sulla carta, al vento. Infatti il decreto legge del 30 dicembre 2009, n. 194, coordinato con la legge di conversione del 26 febbraio 2010, n. 25, ha quindi ulteriormente prorogato la rappresentatività delle Organizzazioni Sindacali, ai fini della partecipazione alle trattative per i rinnovi dei Contratti collettivi di lavoro per gli anni 2010/2012, sulla base dei dati già accertati per il biennio contrattuale 2008/2009. Questa situazione produce una profonda, ingiustificata discriminazione fra le sigle Sindacali. Una palese intollerabile forzatura delle regole che si traduce in un ingiustificato vantaggio per quelle organizzazioni che con il differimento del voto mantengono diritti e guarentigie sindacali che non gli spetterebbero. Per queste ragioni, la Ugl ha proclamato lo stato di agitazione delle categorie del pubblico impiego, perché occorre restituire centralità al sistema pubblico, superando quella descrizione del servizio pubblico pregiudizialmente rappresentato come poco produttivo, inefficiente, lento, pachidermico viziato da burocratismo e refrattario alla modernizzazione, che è il fondamento ideologico della riforma brunetta e ripristinare la democrazia della rappresentanza dei lavoratori, oggi, calpestata dalle decisioni dilatorie del Ministro della Funzione Pubblica.

Vittorio Baccelli - Commissario regionale Toscana Autonomie Ugl