Ho il dovere, dopo che i dirigenti regionali del Piemonte e dell’Emilia Romagna, mi hanno inviato una relazione sull’economia locale definendola non rosea, di parlare dell’economia del mio comune, Lucca. Quindi, inizierò descrivendo a malincuore aziende importanti a livello Europeo, che hanno cessato l’attività, recando un danno non quantificabile in senso di forza lavoro (operai e impiegati) con una terza forza appartenente agli autotrasportatori non dipendenti ma in proprio: Il Mulino Pardini.
L’attività molitoria della famiglia Pardini, nasce un secolo scorso con un mulino a palmenti. Dopo la seconda guerra mondiale, i Pardini ampliarono lo stabilimento, che nel 1926 raggiunse la potenzialità di 500 quintali giornaliero, per poi passare ai 750 nel 1935.
La potenza raggiunta dal Mulino a fine anni 80, era quasi a 6000 quintali, i silos del grano arrivarono a 22.000 tonnellate giornaliere e quelli della farina a 48.000 tonnellate.
L’azienda passava di padre in figlio, e i prodotti venivano esportati in Algeria, Libia, Siria, Egitto, Grecia, Francia, Svizzera e Austria.
Questo mulino era definito il più grande di Europa.
Da alcuni decenni ha cessato l’attività.
Questo mulino era così importante, da usufruire, tramite una stazione di San Pietro a Vico, di un binario che andava direttamente nella fabbrica.
Il mulino è situato nell’immediata periferia di Lucca, da una statale che conduce all’Abetone.
Questo colosso che vedete alle mie spalle nella foto, è il mulino di cui stiamo parlando.
In attesa della variante urbanistica, la circoscrizione competente chiede la riqualificazione del mulino, e la sua trasformazione in negozio, uffici e altro. Anche se ha perso la sua funzione storica e lavorativa, con questa prospettiva ci risarebbe un rivivere della zona.
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