mercoledì 29 febbraio 2012

L'iniquità territoriale dell'aumento del valore catastale

Toscana Consumatori

Associazione Toscana a Difesa dei Consumatori

L'Associazione toscana a difesa dei consumatori esprime la sua perplessità per l'aumento del 60% del valore catastale di tutti gli immobili, in relazione al calcolo della nuova Ici. L'aumento del 60% riguarda tutti gli immobili senza tener conto della specifica ubicazione. Infatti l'aumento del valore catastale del 60% riguarda immobili di grandi centri urbani, di comuni rinnomati ed economicamente più forti, come piccoli comuni di aree meno pregiate o addirittura in grave crisi.
In determinati comuni dove sono ubicati grossi complessi ospedaliere o sedi universitari i prezzi sono aumentati in maniera superiore ad aree periferiche o comuni piccoli rurali o fuori dalle rotte commerciali principali, ma di queste specificità e differenze l'aumento del valore catastale del 60% non tiene assolutamente conto.












Per questo L'A.t.d.c. esprime preoccupazione per la mancata tutela dei piccoli comuni che stanno soffrendo moltissimo la crisi economica odierna, quest'ultima causa dell'esponenziale aumento di cartelli vendesi ed affittasi nei comuni minori.
Si sottolinea infine che dal 1992 i valori degli immobili nelle aree prossime a grossi centri universitari o ospedalieri sono aumentati, in manieraa anche superiore al 60% vista la crescente domanda (che ora sembra cessata a fronte di un enorme offerta dovuta alla crisi), mentre nei piccoli comuni (con scarsa domanda) il valore dal 1992 ha avuto un incremento molto più modesto.
  Fonte: http://www.toscanaconsumatori.it/comunicati-stampa/219-liniquita-territoriale-dellaumento-del-valore-catastale.html

lunedì 27 febbraio 2012

Il polmone del mondo rischia di non respirare più.



È imminente la costruzione di un eco-mostro in Amazzonia

di Paola Bisconti

I 40.000 indiani appartenenti alle tribù Xikrim, Kararao, Arawetè, Parakanà, Xipaya, Juruna, Kuruway, Araras, Karajà sono state rappresentate dal capo dei Kayapò, Raoni Metuktire per la difesa del loro territorio che rischia di essere deturpato. Gli abitanti indigeni che vivono nel cuore della foresta Amazzonica, in Brasile, si ribellano infatti alla costruzione di una centrale idroelettrica, la terza più grande del mondo: la diga di Belo Monte sorgerà lungo il fiume Xingu provocando un disastro ambientale dalle proporzioni enormi. Il presidente Dilma Rouseff ha espresso il suo consenso per l’eliminazione di 400.000 ettari di foresta, che comporterà la conseguente assenza di acqua per le comunità locali, lo stravolgimento dell’ecosistema fluviale e forestale sul quale poggia l’economia degli abitanti, il danneggiamento per la fauna ittica con la scomparsa di alcune specie di pesci e il trasferimento forzato di migliaia di persone.

Il business legato all’operazione Belo Monte finanziato dalla Santander, la più grande banca europea, prevede un costo di 17 miliardi di dollari per l’edificazione, affidata all’impresa Nota Energia, di una centrale che produrrà 11.000 MW. Ma basteranno tre mesi senza piogge e la diga si trasformerà nell’impianto meno efficiente al mondo fornendo solo 1 MW di energia. Il governo lo considera, tuttavia, una parte fondamentale del “Programma di Crescita accelerata”: ha infatti approvato la costruzione di altri 60 impianti su tutto il territorio nazionale.

Nonostante quindi i dissensi da parte della popolazione, l’azienda idroelettrica incaricata alla costruzione della centrale ha effettuato una sorta di analisi del territorio, utile solo ad indennizzare i fazenderos, i proprietari delle terre, dove sono stati rinvenuti dei reperti archeologici risalenti al neolitico. Queste accortezze preliminari non sono servite a nulla se non a ricattare gli abitanti e ad incrementare una lotta sempre più disperata fra le popolazioni indigene contro i progetti governativi che sfruttano le risorse naturali, minacciando seriamente la sopravvivenza di coloro che vivono in Amazzonia. Le tribù, tuttavia, non smettono di lottare attraverso clamorose manifestazioni ed una petizione che ha raccolto mezzo milione di firme. Le preoccupazioni per il pesante impatto sociale sono sostenute dal FUNAI, l’Agenzia degli Affari Indigeni del Brasile, che lotta insieme alla Rainforest Foundation, di cui è portavoce Sting, il celebre cantante. Anche il regista James Cameron ha filmato le proteste sfilando nei cortei organizzati anche da GreenPeace e dall’organizzazione Amazon Watch.

Fonte:




sabato 25 febbraio 2012

Plinio Corrèa de Oliveira: un contemplativo


Plinio Corrêa de Oliveira: un'anima contemplativa


Si è molto analizzato Plinio Corrêa de Oliveira come un uomo di azione. Il che è vero, resta tuttavia senza maggior rilievo ciò che mi sembra la fonte dalla quale sgorgava tutta la sua attività di lotta in pro della Civiltà Cristiana. Questa combattività nasceva da una profonda vita spirituale, di contemplazione e di preghiera. Nel fragore della battaglia, in attività che gli occupavano tutti i giorni sino alle tre del mattino, egli era un contemplativo, persino tra tante occupazioni. Il Prof. Roberto de Mattei, nel suo splendido libroIl Crociato del XX Secolo, descrive benissimo la personalità, le multiple e interminabili lotte per la Chiesa, a cui il Dott. Plinio dedicò la sua vita. Il titolo già dice tutto: era un crociato in combattimento per la Civiltà Cattolica. La lotta nella società temporale, egli la intraprendeva in nome della Croce.
“Salvami, Regina”
Nei miei lunghi 18 anni di convivenza molto vicini a lui, avendo la grazia di essere il suo segretario personale, ho potuto osservare nei mille particolari come in lui la preghiera e la contemplazione colmavano tutta la sua vita, senza togliere nulla all’impeto del combattimento controrivoluzionario. È necessario segnalare che la sua pietà era di forte predominanza mariana, sin già dall’adolescenza. Già da molto piccolo accompagnava la mamma  Donna Lucilia Ribeiro dos Santos Corrêa de Oliveira, alla Chiesa del Sacro Cuore di Gesù, a fianco dell’Istituto Salesiano. Lei aveva uno speciale zelo nel coltivare  la devozione al Sacro Cuore di Gesù, e così rimanevano ambedue, per lungo tempo, ai piedi della bella e grande statua che si venera in quella chiesa. Nasceva anche nel Dottor Plinio questa profonda devozione, ed egli si dirigeva al simulacro come lo fa un bambino di quattro anni che conversasse con Nostro Signore. Quando aveva circa dodici anni, Dottor Plinio attraversò una prova spirituale, durante la quale si sentì indegno di avvicinarsi a quel simulacro. Desolato, in fondo alla Chiesa, andò nella navata a destra, dove c’era la statua di Maria Ausiliatrice, e si mise a pregare la Salve Regina. Nella sua tenera età interpretò l’invocazione Salve Regina come “Salvami Regina”,il che gli portò una grande consolazione interiore. Sembrava che la Madonna gli sorridesse. Nell’invocazione seguente di questa bella preghiera, Madre di misericordia, eglipensò: “è esattamente di questo che ho bisogno”. In seguito veniva, vita dolcezza e speranza nostra, salve: tutto gli parve applicarsi alla sua necessità. A Te ricorriamo, esuli figli di Eva, a Te sospiriamo, gementi e piangenti in questa valle di lacrime: veramente non poteva essere più appropriato, concluse. O clemente, o pia, o dolce Vergine Maria. Questo fatto marcò tutta la sua vita. Già anziano, diceva ancora che questa era la base e le fondamenta della sua devozione alla Santissima Vergine. Frequentemente, in certe sere, andava a visitare quella statua.
Raccoglimento
Più di un’ora dei pomeriggi del Dottor Plinio erano dedicata alla preghiera, oltre alle preghiere che faceva al mattino, nel periodo serale e nel ringraziamento delle comunioni diarie. La sua giornata iniziava con circa quindici minuti di preghiere diverse, alle quali  ne aggiunse altre lungo la sua vita; questo perché, a suo avviso, quel che si offre alla Madonna non Glielo si toglie più. Così, salvo certi casi circostanziali, se avesse incluso nella lista delle sue preghiere qualcun’altra particolare, l’avrebbe mantenuta sino alla fine dei suoi giorni. Giornalmente usava fare le sue preghiere dirigendosi verso qualche chiesa dove potesse raccogliersi. In un’epoca in cui i telefonini erano rari, riusciva così a fuggire dalle interruzioni e da altre preoccupazioni che potessero distrarlo dalle sue preghiere. Già sedendosi in auto, la sua fisionomia cambiava, iniziando una lunga lista di preghiere, tra le quali spiccava la Consacrazione alla Madonna secondo il metodo di San Luigi Maria Grignion da Monfort. I salmi del Santissimo Nome di Maria, il Piccolo Ufficio della Madonna, novene perpetue, preghiere per il Sommo Pontefice, coroncine di giaculatorie e tante altre preghiere, le faceva con notevole devozione.
L’anima di ogni l’apostolato
Erano tre le devozioni centrali nella sua vita di preghiera, molte volte dette le le tre bianche: devozione alla Eucarestia, alla Madonna e al Vicario di Cristo. Ebbe grande influenza nella sua vita interiore il libro L’anima di ogni apostolato, di Don Chautard (1858-1935).
Il celebre monaco trappista sosteneva che, per portare avanti un’opera di apostolato, era necessario innanzi tutto avere una profonda e densa vita spirituale. Quando Dottor Plinio lesse quest’opera, già dopo il suo ingresso nel movimento mariano, giunse alla conclusione che non bastava praticare i dieci comandamenti e pregare qualche preghiera, ma che bisognava santificarsi per vincere la lotta contro un nemico talmente grande e potente. Quindi, fece questo commento: “Come reclutare, come attrarre, come risvegliare l’entusiasmo nelle anime degli altri? Dietro a tutto ciò c’è un mistero. Proprio perché, a prima vista, questo obiettivo è irraggiungibile, lo si può raggiungere soltanto per mezzo di un mistero. Ed esiste appunto il mistero soprannaturale della vita di grazia, con tutto ciò che insegna D. Chautard, che è infatti l’anima di ogni apostolato. Se l’anima è bene impregnata di questo spirito, allora è supplicante e rassegnata, perché supplica ed è disposta a percorrere tutti i via vai della lotta, rassegnata anche a non ottenere successi immediati”.
Elevazione della mente a Dio
Quel che attirava di più la mia attenzione era la capacità del Dottor Plinio, in mezzo ad altre attività, di elevare la mente a temi metafisici, e da lì al soprannaturale. Elevatio mentis a Deo è appunto la definizione di preghiera.Sia nelle riunioni su argomenti politico-sociali, sia nei disbrighi, sia nelle numerose riunioni su temi riguardanti la società temporale, dei quali trattava abbondantemente, egli ricollegava tutto alla religione, alla Madonna e alla Santa Chiesa.Ecco un esempio. A metà degli anni ‘70, Dottor Plinio dirigeva una riunione in cui trattava di un argomento molto concreto, a partire dal quale salì ad altissime considerazioni. Gli chiesero, dunque, come riuscisse a farlo. Allora rispose che la domanda avrebbe dovuto essere un’altra: com’è che, contemplando, riusciva a risolvere cose talmente pratiche. Aggiunse, poi, che senza abbandonare le alte quote della contemplazione, era da lì che analizzava i piccoli episodi, facendo come certi uccelli che, per afferrare la loro preda, volano più in alto per poi, con un volo fulminante, agguantare ciò che avevano in mira. Come un gabbiano, per fare un esempio, che “pesca” il suo pesce che si sposta tranquillamente nell’acqua.Chiaramente, la nostra difficoltà era di capire qualcosa che, infatti, era l’opposto di ciò che pensavamo che stesse accadendo nella sua mente. Quindi, si potrebbe dire che la sua mentalità era in una costante interrelazione tra il temporale, il metafisico e lo spirituale. Questo gli permetteva di passare da un campo all’altro, con un’agilità e una facilità del tutto naturale.
Dedizione alla Cristianità
All’inizio del libro sulle attività della TFP, intitolato Meio Século de Epopéia Anticomunista, [Mezzo Secolo di Epopea Anticomunista], Dottor Plinio volle mettere una frase che riflette il suo atteggiamento di dedizione alla contemplazione, rinunciando alle grandezze mondane di questa Terra: “Quando ero ancora molto giovane, contemplai rapito le rovine della Cristianità; ad esse consegnai il mio cuore, voltai le spalle al mio futuro, e di quel passato carico di benedizioni feci il mio Avvenire”.Quindi, una considerazione contemplativa fece sì che egli si dedicasse amorevolmente alle rovine della Cristianità e rinunciasse ad un brillante futuro politico, sociale ed economico.“Rovine della Cristianità”, “carico di benedizioni”: anche qui troviamo le due parti dell’arco gotico tra il temporale e il religioso, che egli aveva tanta facilità di vedere, e nel quale, per così dire, il Dottor Plinio viveva. Nella lotta contro-rivoluzionaria senza sosta che egli adempieva, con le giornate colme di attività sin dal mattino, non perdeva di vista ciò che Don Chautard soprannomina “la custodia del cuore”. Nulla, assolutamente nulla lo toglieva dalla tranquillità soprannaturale e contemplativa: né la preparazione delle campagne di azione pubblica; né i consigli ai suoi rappresentanti nei punti chiave in Brasile, o alle TFP delle altre nazioni; né gli orientamenti spirituali ai suoi discepoli.
Calma nel fragore della lotta
Riflessione, serenità, devozione – erano i frutti delle alte quote in cui si situava lo spirito del Dottor Plinio. Nel mezzo delle tempeste che tante volte i nemici della Chiesa scatenarono contro la sua opera, usava dire: Alios ego vidi ventos; alias prospexi animo procellas [Già vidi altri venti e contemplai altre tempeste].  E il suo studio di lavoro, dove passava il fragore della battaglia, era il luogo dove si trovava più pace. Mentre dirigeva la TFP, con le sue consorelle in 26 paesi, mentre si informava ed opinava sugli avvenimenti nazionali e internazionali, conducendo un’intensa vita pubblica, mai perdeva il cardine della contemplazione soprannaturale, che lo distinse in tutta la sua vita. Egli diceva che la parte principale del suo tempo era per la contemplazione, e che la lotta contro-rivoluzionaria ne era una conseguenza. Avendo un temperamento molto placido – e persino, come egli stesso diceva, con una tendenza alla mollezza, quando era bambino – seppe vincere sé stesso, per divenire un grande combattente contro-rivoluzionario del XX secolo.
La luce primordiale
Negli anni ‘60, egli definì ai suoi discepoli la sua propria luce primordiale (cioè, l’angolatura per cui la persona è chiamata ad ammirare e a glorificare Dio): “La mia luce primordiale è una visione amorosa di tutto l’ordine dell’Universo. Una visione armonica, architettonica, gerarchica e monarchico-aristocratica del Creato, da un angelo ad un granello di sabbia, dando risalto ai punti che la Rivoluzione più cerca di combattere“. Analizziamo la definizione: “Visione amorosa” dalla quale si rimanda al primo Comandamento della Legge di Dio; “di tutto l’ordine dell’Universo”, cioè, abbracciando tutte le creature; “armonica, architettonica”, ossia, l’ordine in cui tutto è al suo dovuto posto, formando l’armonia dell’Universo; gerarchica e monarchico-aristocratica, vista non solo dal suo punto più elevato, ma pure nei suoi aspetti intermediari; “da un angelo ad un granello di sabbia”, rilevando che abbraccia tutto il Creato, dal più spirituale all’infimo materiale; “dando risalto ai punti che la Rivoluzione più cerca di combattere”, e qui troviamo quella prodigiosa sinergia della contemplazione con il combattimento, che egli portava ai suoi estremi. Inizia con l’amore a Dio, riflesso nell’ordine dell’Universo, e termina nella lotta contro le forze del demonio che danno impulso allaRivoluzione. Ecco un bel programma di vita.
Sacralizzazione della vita sociale
I pensieri del Dottor Plinio volavano tra le considerazioni sul Cielo empireo, i “possibili di Dio” (creature che Dio avrebbe potuto creare, nella sua perfezione infinita), approfondimenti sulle tre Persone della Santissima Trinità e diverse altre elevate elucubrazioni, senza mai perdere il senso della realtà in cui agiva. Non erano sogni o vaneggiamenti inutili o sterili, ma un continuo impegno nell’approfondirsi nelle cose di Dio.  Da questi pensieri egli traeva nuove esplicitazioni, le quali alimentavano molti circoli di studio o riunioni ai suoi discepoli.
Dalla cerimonia della Veglia Pasquale, ad esempio, egli distillò un concetto applicabile all’ordine temporale. Quando il sacerdote, entra con il Cero Pasquale in mezzo al buio, e intona il “Lumen Christi”, c’è un riferimento alla luce di Nostro Signore penetrando le tenebre. Da qui decorre un’analogia ricca di sostanza a proposito delle tenebre del mondo rivoluzionario: come va, nei nostri giorni, il “Lumen Christi”?  Questa battaglia tra il potere delle tenebre e la Luce di Cristo, come si sta svolgendo? Questo era un punto fondamentale nell’analisi che faceva della società temporale. Egli desiderava sacralizzare tutti i momenti del giorno. Così, dato che solitamente lavorava sino all’alba, si domandava se non potesse esserci un Angelus da pregare a mezzanotte. Quindi, qualche volta pregava il suo Angelus in quell’ultima ora del giorno; altre volte ripeteva per tre volte una giaculatoria: “Dignare Mater die isto”, alla quale si rispondeva “sine peccato nos custodire”. Alla fine della giornata, prima di coricarsi, erano copiose le preghiere ed i baci alle reliquie. Era ancora l’occasione per fare qualche lettura, generalmente su temi storici. La Storia lo affascinava, per la contemplazione della psico-sociologia, dei personaggi, dei popoli e delle circostanze, nonché dei riflessi esistenti in essa dell’ordine posto da Dio nell’Universo.
Fernando Antunez
(Tratto da “Plinio Corrêa de Oliveira, dez anos depois...” - São Paulo 2005 - Traduzione di Umberto Braccesi)
http://www.atfp.it/biblioteca/articoli-su-plinio-correa-de-oliveira/588-plinio-correa-de-oliveira-un-contemplativo.html
Fonte:

 

venerdì 24 febbraio 2012

GIALLO IN VATICANO - di Alessandro Gnocchi e Mario Palmaro.

su Il Foglio e Riscossa Cristiana 

I fatti son fin troppo noti: la previsione della morte del Papa, le manovre per decidere fin da ora il successore, gli intrighi di palazzo e i furbetti della cittadella che parlano coi giornali. In casa cattolica, c’è chi trova la vicenda “tutta da ridere”. C’è chi la stigmatizza, ma senza trarne motivo di scandalo. C’è chi nasconde la notizia in una colonnina a pagina 19, così che il povero Bordin a Radio Radicale non fa in tempo ad arrivarci prima di finire la rassegna stampa.
PapaCe n’è per tutti, compresi quei cattolici ordinari che aprono i giornali e non sanno se si trovano nella cronaca nera o nella pagina degli spettacoli, col bel risultato di farsi venire gli stessi pensieri di fior di anticlericali, anche se con opposto palpito di cuore. E ne hanno ben donde, poveretti. Perché, a non voler nascondere sotto il tappeto la sporcizia denunciata a suo tempo dal cardinale Ratzinger, da ridere pare proprio che non ce ne sia. Anzi, forse ce n’è abbastanza da scandalizzarsi senza timore di passar per paolotti della più bell’acqua. E certamente si dovrebbe tirare la notizia un po’ più su di pagina 19, tanto ormai la sanno tutti.
Questo desolante incrocio tra il Festival di Sanremo, dove si intriga per sapere in anticipo il nome del vincitore, e una serie tv stile “Codice da Vinci”, dove il sacro si dilegua davanti al profano, rappresenta fin troppo bene certi esiti dello scellerato patto stipulato dalla teologia moderna con il mondo. Tra le primizie pastorali di quel patto, doveva esserci una Chiesa protagonista dei mass media: eccola, sulle prime pagine dei giornali, in tv sul, web. Ma senza l’inossidabile sfavillìo festivaliero e senza l’ipnotica suspense del thriller di razza. Eccola, spogliata anche del minimo appeal, mostrare al mondo uomini occupati da tutto quanto rimane di solamente umano quando il divino è stato messo da parte.
Chi va con il mondo, avrebbe detto Totò che di spettacolo se ne intendeva, impara a mondanizzare. Però lo fa male e replica maldestramente copioni altrui illudendosi di recitare in proprio. Operazione aggravata dal fatto che mettere in scena un pessimo “Codice da Vinci” con personaggi veri è infinitamente più dannoso che subirne uno geniale a mezzo stampa.
Eppure, le avanguardie della nuova Chiesa pneumatica avevano promesso ben altro. Una volta gettata a mare la Chiesa costantiniana, il suo sfarzo liturgico, il suo trionfalismo e i suoi legami con il potere, non si sarebbero più replicate le nefandezze della Roma rinascimentale. Tempo il finir di millennio, il secondo, e la Chiesa sarebbe stata tutta nuova e spirituale. Invece, come accade sempre quando ci si occupa solo dello spirito, si finisce per sentirsi liberi da ogni vincolo e abusare del corpo: quello individuale proprio e altrui, quello sociale e quello mistico. Se si guarda con onestà da questo punto di vista, si spiegano tutte le piaghe che hanno flagellato in questi anni la Chiesa dall’interno, senza concorso di terzi. Tutto ciò con gran soddisfazione del mondo, per il quale non c’è alleato migliore di chi non se ne cura in quanto troppo occupato da pensieri spirituali.
E così, adesso, ci si trova davanti al paradosso di vasti, vastissimi, sterminati settori della Chiesa che, dopo una buona dose di mea culpa battuti sul petto altrui, ora si trovano al cospetto di ben altro, e non possono neppure incolpare il passato. Crolla lo schema ideologico secondo cui la Chiesa di oggi è sempre migliore di quella di ieri. Evapora la presunzione per cui i cristiani contemporanei sarebbero adulti e vaccinat), mentre quelli di una volta sarebbero tutti ignoranti e dunque indefessi peccatori. In tutta questa oscura faccenda dai contorni obiettivamente indefiniti, la Chiesa di sempre non fa un plisset, perché come scrive Vittorio Messori, manifesta quella fetta di umano che si porta inevitabilmente con sé. Il guaio vero si manifesta quando l’umanesimo si mangia il cristianesimo, il sentimento la dottrina, l’orizzontale il verticale. A questo punto i complotti e i maneggi non sono più una patologia, ma la più logica delle conseguenze.
Qui giunti, le persone comuni, credenti e non credenti, si pongono la stessa domanda: ma quei signori ci credono davvero? Fatta salva la fede dei singoli, su cui il giudizio tocca al Padreterno, non si può pensare che lo smantellamento sistematico della dottrina, della morale, della liturgia non abbia effetti. E questa è una constatazione amara per credenti e non credenti: i quali, forse, si pongono la domanda fatidica con diverso palpito di cuore, ma sicuramente amerebbero avere la stessa risposta.
Fonte:
http://www.riscossacristiana.it/index.php?option=com_content&view=article&id=1350:giallo-in-vaticano-di-alessandro-gnocchi-e-mario-palmaro&catid=54:societa-civile-e-politica&Itemid=123

mercoledì 22 febbraio 2012

22 FEBBRAIO 2012 ( CELEBRAZIONE MOBILE) MERCOLEDI DELLE CENERI

 
Il mercoledì delle Ceneri, la cui liturgia è marcata storicamente dall’inizio della penitenza pubblica, che aveva luogo in questo giorno, e dall’intensificazione dell’istruzione dei catecumeni, che dovevano essere battezzati durante la Veglia pasquale, apre ora il tempo salutare della Quaresima. Lo spirito comunitario di preghiera, di sincerità cristiana e di conversione al Signore, che proclamano i testi della Sacra Scrittura, si esprime simbolicamente nel rito della cenere sparsa sulle nostre teste, al quale noi ci sottomettiamo umilmente in risposta alla parola di Dio. Al di là del senso che queste usanze hanno avuto nella storia delle religioni, il cristiano le adotta in continuità con le pratiche espiatorie dell’Antico Testamento, come un “simbolo austero” del nostro cammino spirituale, lungo tutta la Quaresima, e per riconoscere che il nostro corpo, formato dalla polvere, ritornerà tale, come un sacrificio reso al Dio della vita in unione con la ...
... morte del suo Figlio Unigenito. È per questo che il mercoledì delle Ceneri, così come il resto della Quaresima, non ha senso di per sé, ma ci riporta all’evento della Risurrezione di Gesù, che noi celebriamo rinnovati interiormente e con la ferma speranza che i nostri corpi saranno trasformati come il suo.
Il rinnovamento pasquale è proclamato per tutta l’umanità dai credenti in Gesù Cristo, che, seguendo l’esempio del divino Maestro, praticano il digiuno dai beni e dalle seduzioni del mondo, che il Maligno ci presenta per farci cadere in tentazione. La riduzione del nutrimento del corpo è un segno eloquente della disponibilità del cristiano all’azione dello Spirito Santo e della nostra solidarietà con coloro che aspettano nella povertà la celebrazione dell’eterno e definitivo banchetto pasquale. Così dunque la rinuncia ad altri piaceri e soddisfazioni legittime completerà il quadro richiesto per il digiuno, trasformando questo periodo di grazia in un annuncio profetico di un nuovo mondo, riconciliato con il Signore.
L'origine del Mercoledì delle ceneri è da ricercare nell'antica prassi penitenziale. Originariamente il sacramento della penitenza non era celebrato secondo le modalità attuali. Il liturgista Pelagio Visentin sottolinea che l'evoluzione della disciplina penitenziale è triplice: "da una celebrazione pubblica ad una celebrazione privata; da una riconciliazione con la Chiesa, concessa una sola volta, ad una celebrazione frequente del sacramento, intesa come aiuto-rimedio nella vita del penitente; da una espiazione, previa all'assoluzione, prolungata e rigorosa, ad una soddisfazione, successiva all'assoluzione".
La celebrazione delle ceneri nasce a motivo della celebrazione pubblica della penitenza, costituiva infatti il rito che dava inizio al cammino di penitenza dei fedeli che sarebbero stati assolti dai loro peccati la mattina del giovedì santo. Nel tempo il gesto dell'imposizione delle ceneri si estende a tutti i fedeli e la riforma liturgica ha ritenuto opportuno conservare l'importanza di questo segno.
Il rito dell'imposizione delle ceneri, pur celebrato dopo l'omelia, sostituisce l'atto penitenziale della messa; inoltre può essere compiuto anche senza la messa attraverso questo schema celebrativo: canto di ingresso, colletta, letture proprie, omelia, imposizione delle ceneri, preghiera dei fedeli, benedizione solenne del tempo di quaresima, congedo.
Le ceneri possono essere imposte in tutte le celebrazioni eucaristiche del mercoledì ma sarà opportuno indicare una celebrazione comunitaria "privilegiata" nella quale sia posta ancor più in evidenza la dimensione ecclesiale del cammino di conversione che si sta iniziando.

Autore: Enrico Beraudo
Fonte: http://www.santiebeati.it/
Tratto  dal sito : Pontifex.Roma


venerdì 3 febbraio 2012

Famiglie disabili inviano a Napolitano tessere elettorali


Decine di famiglie di disabili stanno inviando al presidente Napolitano la loro tessera elettorale in segno di protesta contro la disattenzione e le promesse mancate nei confronti della disabilità

E-ilmensile - L’iniziativa è partita qualche giorno fa da Marina Cometto, mamma di una donna di 38 anni con gravissima disabilità e presidente dell’associazione che porta il nome della figlia, Claudia Bottigelli. Un’azione partita su Facebook, e che, grazie alla rete, sta coinvolgendo decine e centinaia di famiglie, pronte a unirsi alla protesta, compiendo lo stesso gesto. A dare pubblicità alla notizia il sito di Redattore Sociale, che riprendiamo. “Le scrivo per consegnare nelle Sue mani la mia tessera elettorale – si legge nel testo – che trova in allegato, non riconoscendomi più come cittadina nella politica attuale e non sentendomi più rappresentata da nessuna delle forze politiche presenti in questo momento”. Le ragioni della protesta riguardano i recenti interventi attuati o anche solo proposti nei confronti della disabilità, che mettono sotto attacco le principali conquiste legislative degli ultimi decenni. “Sono state emanate negli anni 80, 90, 2000 numerose leggi a tutela delle persone con disabilità – si legge ancora – l’inclusione nella società sembrava ormai un fatto concreto e pur con i limiti interpretativi potevamo affermare di essere un Paese da cui prendere esempio. Poi c’è stata, negli ultimi anni, una negativa svolta, che ha iniziato a cancellare diritti acquisiti, agevolazioni nate per offrire pari opportunità, benefici economici. E’ iniziata la caccia ai falsi invalidi, accusati di essere colpevoli dell’aumento eccessivo di indennità d’accompagnamento. Ma nel calderone ci sono finiti tutti, anche chi disabile lo è davvero”. Sono infatti partiti così molti tagli alla Sanità e ai servizi, con relative riduzioni alle autorizzazioni per gli ausili e protesi, ai fondi per gli assegni di cura, per i progetti di vita indipendente, per l’assistenza indiretta e per l’integrazione scolastica.

“Questo Governo, non politico ma definito tecnico, con il Decreto “Salva Italia” vuole andare oltre, mettendo in discussione l’indennità di accompagnamento e le pensioni, sia quella di invalidità che quella di reversibilità”. C’è però stata, ultimamente, la “goccia che ha fatto traboccare il vaso”: la proposta di imporre il ticket su pannoloni, ossigeno, alimenti per celiaci, ausili per diabetici, dispositivi per la rilevazione della glicemia: “molti di questi – si legge nella lettera – sono salvavita e la vita non si può salvaguardare a seconda del reddito, non in un Paese civile. Il ministro della Giustizia Severino, in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario, ha detto che dallo stato delle carceri si misura il grado di civiltà di un paese. Vorrei aggiungere che è da quanto e come si tutelano le persone più fragili che si misura non solo la civiltà di un Paese, ma il suo grado di umanità, condivisione e democraticità. E l’Italia non è certo ai primi posti. Restituisco quindi a Lei, Presidente, quale rappresentante del popolo italiano, a mia Tessera elettorale in segno di protesta pacifica verso le istituzioni: non voglio più prendere posizione per questa o quella appartenenza politica che si trovano d’accordo solo nell’ignorare le vere esigenze del popolo a cui dovrebbero essere di servizio e non voglio avere più responsabilità per aver privilegiato posizioni politiche che agiscono in modo discutibile. Non interpreti questa mia come una resa o rassegnazione: la sconfitta non è la mia!”.

Fonte: http://www.laperfettaletizia.com/2012/02/famiglie-disabili-inviano-napolitano.html