sabato 31 marzo 2012

Esposizione " VERDEMURA" Lucca

Sabato 31 - 03 - 2012
Oggi ho visitato la mostra Verdemura,
organizzata da Comune di Lucca,
Opera delle Mura, e con il sostegno della  Camera di Commercio, e Banca
del Monte di Lucca spa. La mostra è giunta alla 5° edizione, gli espositori sono 150, provenienti da ogni parte di Italia, nei vari stand oggetti per il giardinaggio, piante e fiori , prodotti tipici alimentari, oggetti della cultura contadina. Da segnalare anche una esposizione di rare orchidee. All' interno del sottostante baluardo, una mostra di   macchine agricole d'epoca.
Durante la visita mi sono imbattuto , nello stand del sig. Roberto Bottaini, che stava intrecciando un cesto tipico di Pescia. Abbiamo chiesto informazioni sulla sua attivita' , e molto gentilmente ci ha spiegato che questa arte gli è stata tramandata dal padre e dallo zio. Organizza anche corsi per chi volesse imparare. Le sue mani producono bellissimi lavori , cesti, panieri,  corbellie altri oggetti, di varie dimensioni. Non intreccia solo canne comuni e salici, ma anche altri materiali con gusto e fantasia.
Dal lavoro manuale , anche lui si appoggia alla tecnologia per farsi conoscere e  si puo' visitare ai seguenti siti
http://www.cestitipicidipescia.it/       http://www.scultureeintreccimetallici.it/
La mostra è stata inaugurata Venerdi 30 Marzo e prosegue per Sabato 31 e Domenica 1 Aprile dalle ore 9.30 alle ore 19.00 .
L' ingresso è al Baluardo di San Martino , oltre agli stand si puo' visitare l' Orto Botanico.
Numeroso il pubblico grazie alla perfetta macchina organizzativa.
da visitare anche su http://www.verdemura.it/

giovedì 29 marzo 2012

Accusato di aver rubato un ovetto Kinder, assolto dal Tribunale di Taranto

Accusato di aver rubato un ovetto Kinder, assolto dal Tribunale di Taranto
giovedì 29 marzo 2012
di Francesco Casula
Assolto perché il fatto non sussiste. Sì è concluso così il processo nei confronti di un giovane tarantino, accusato di aver rubato un ovetto kinder da una bancarella della litoranea salentina. Il tribunale di Taranto ha infatti accolto le richieste di assoluzione formulate dal pubblico ministero e dalla difesa dell'imputato. La storia ha fatto parlare un po’ tutta Italia. la vicenda ha avuto inizio il 4 agosto 2009. Donato, appena 18enne, si ferma davanti a un venditore ambulante di Montedarena, zona balneare di Taranto, prende il cioccolatino e attende il suo turno per pagarlo.
Per il commerciante però, Donato voleva rubarlo. Una parola tira l'altra e sul posto arrivano i carabinieri che verbalizzano le dichiarazioni del commerciante annotando, tuttavia, che la versione non appariva credibile: Donato infatti «indossava un pantalone jeans a vita bassa aderente e tale da impedire l'intromissione nella tasca di un uovo di cioccolato». Respinta la richiesta di transazione (un risarcimento di 1600 euro) comincia il processo per furto e ingiurie. Ieri per Donato, difeso dall'avvocato Gianluca Pierotti, è arrivata la sentenza di assoluzione.
da http://www.corriere.it/
fonte: http://www.giustiziagiusta.info/index.php?option=com_content&task=view&id=5460&Itemid=52

martedì 27 marzo 2012

In 12 anni 2.000 morti nelle carceri, 700 i suicidi

lunedì 05 marzo 2012
 Nel 2011 si sono suicidati 63 detenuti (38 italiani e 25 stranieri) nei penitenziari italiani su un totale di 186 persone decedute per cause naturali o per cause da accertare (in 23 casi sono in corso indagini giudiziarie). Nel 2010 i suicidi furono 65, i tentati suicidi 1.137, gli atti di autolesionismo 5.703, i decessi per cause naturali 108.
Il totale dei “morti in carcere” nel corso degli ultimi 12 anni supera le 2.000 unità: 1.954 fra i detenuti e 91 fra gli agenti di Polizia penitenziaria. Dal 2000 al 2012 si sono uccisi 700 detenuti e ci sono stati anche 85 agenti suicidi.
 Queste cifre terrificanti emergono dal rapporto sullo stato dei diritti umani negli istituti penitenziari e nei centri di accoglienza e trattenimento per migranti in Italia. La Commissione diritti umani del Senato ha lavorato mesi su questo documento, che verrà posto in votazione la prossima settimana.
Il numero dei suicidi è alto perché l’Italia è fra gli ultimi posti in Europa nel rapporto fra detenuti e posti in carcere.

La situazione al 29 febbraio 2012 è la seguente: capienza complessiva 45.742 posti; detenuti presenti 66.632, di cui solo 38.195 sono condannati definitivi. Gli stranieri sono 24.069 (20,1% marocchini, 14,9% romeni, 12,9% tunisini, 11,6% albanesi). Le leggi svuota carceri (quella di Alfano del 2010 e quella recentissima del ministro Severino) hanno consentito l’uscita dal carcere di 5.140 persone.
Se il problema carceri non verrà risolto al più presto, l’Italia rischia di pagare caro anche dal punto di vista economico. L’Italia non ha il reato di tortura, ma il Comitato europeo per la prevenzione della tortura (Cpt) ha stabilito nel 1992 che ogni detenuto deve disporre di almeno 7 metri quadri nelle celle singole e di almeno 4 metri quadri nelle celle multiple. Se si hanno a disposizione meno di tre metri quadri, si è in presenza di tortura. L’articolo 3 della Convenzione europea dei diritti dell’Uomo stabilisce: “Nessuno può essere sottoposto a tortura né a pene o trattamenti inumani o degradanti”.

Nel 2008 la Corte Europea dei diritti dell’Uomo ha condannato lo Stato italiano a versare 5.000 euro al detenuto Scoppola perché non fu protetta la sua salute. Nel 2009 la stessa Corte di Strasburgo ha condannato l’Italia a risarcire 1.000 euro al bosniaco Sulejmanovic perché detenuto con altre quattro persone in una cella di 16 metri quadri.
Nel 2001 il Tribunale di Sorveglianza di Lecce ha riconosciuto il danno esistenziale al tunisino Abdelaziz, rinchiuso con altre due persone in una cella di 11,5 metri quadri ed ha imposto un risarcimento di 220 euro a carico dell’amministrazione penitenziaria. L’ordinanza è stata impugnata dall’avvocatura di Stato in Cassazione.

Sempre a Lecce, il 13 febbraio 2012, l’amministrazione penitenziaria è stata condannata a risarcire i danni per la lesione della dignità e dei diritti di quattro detenuti del carcere di Borgo San Nicola. Il giudice Luigi Tarantino ha riconosciuto, nei confronti dei detenuti, “lesioni della dignità umana, soprattutto in ragione dell’insufficiente spazio minimo fruibile nella cella di detenzione”. Il Tribunale di Asti nel gennaio 2012 ha condannato alcuni agenti di polizia penitenziaria “per violenze fisiche e privazioni del sonno”.
L’impressione che se ne trae è che questi ricorsi potrebbero moltiplicarsi a pioggia costringendo lo Stato italiano a cospicui risarcimenti. Il ministro Severino ha promesso un piano con 11.573 nuovi posti nei penitenziari.

Dopo l’indulto approvato nel 2006 durante il Governo Prodi, la popolazione carceraria scese a 39mila unità su circa 45.000 posti. Nel 2008 il rapporto detenuti/posti era già risalito al 129,9%, nel 2009 al 148,2%, oggi con le leggi svuota carceri siamo al 145,6%. Le carceri soffrono anche per la mancanza di personale: rispetto alla dotazione organica prevista mancano 6.000 agenti di polizia penitenziaria su 45.121 unità e 34 magistrati di sorveglianza su 202.
L’indulto del 2006 ha funzionato parzialmente: su 36.741 beneficiati, circa un terzo del totale (12.462) ha fatto rientro in carcere prima del 30 giugno 2011.

Un capitolo a parte è quello degli ospedali psichiatrici giudiziari che saranno chiusi a partire dal primo febbraio 2013. Il ministro Severino, alla Commissione Diritti umani del Senato, ha ribadito che “le persone che hanno cessato di essere socialmente pericolose dovranno essere dimesse senza indugio e prese in carico, sul territorio, dai dipartimenti di salute mentale”. Al 31 dicembre 2011 risultano 1.549 internati negli ospedali psichiatrici giudiziari, case di lavoro e case di cura e custodia. Essi rappresentano il 2,3% della popolazione detenuta.
C’è poi la delicata questione dei bambini in carcere con le detenute madri. La legge prevede che, sotto i tre anni di età, i bambini vivano in carcere con le madri. Al 30 giugno 2011 nelle carceri italiane erano presenti 53 madri con 54 bambini. Solo a Rebibbia ci sono 14 madri, di cui 13 Rom. Sono per lo più condannate per reati di furto ed è difficile che vengano concesse misure cautelari o alternative in quanto recidive e perché le condizioni abitative nei campi non sono accettabili.

La legge sulle detenute madri, approvata nell’aprile 2011, porta a sei anni il limite di età dei figli sotto il quale è possibile la custodia fuori dal carcere. Le strutture previste sono case famiglia protette (ve ne sono pochissime attualmente in funzione) e gli Istituti di custodia attenuata per madri detenute. Per ora uno solo di questi istituti è stato realizzato (a Milano). Per quanto riguarda gli italiani detenuti all’estero, la Farnesina fornisce la cifra di 2.905 unità.
Fonte http://www.ristretti.org/
http://www.giustiziagiusta.info/index.php?option=com_content&task=view&id=5405&Itemid=74

lunedì 26 marzo 2012

LA PERSECUZIONE DEI CATTOLICI IN SPAGNA. ( 1931 - 1939)

LA PERSECUZIONE DEI CATTOLICI IN SPAGNA (1931-1939)
Come scrisse lo storico Gregorio Marañón y Posadillo, “la seconda repubblica spagnola, proclamata nel 1931, instaurò un sistema che, dietro una facciata di democraticità, si rivelò assolutamente irrispettoso di ogni libertà individuale e religiosa”, situazione che durante la Guerra Civile (1936-1939) peggiorò a tal punto che il 1° luglio 1937 l’episcopato spagnolo fu costretto ad inviare in Vaticano una lunga e dettagliata relazione sulla “sistematica violazione da parte del governo repubblicano di tutti i diritti fondamentali della persona umana: violazione che ha avuto inizio nel 1934, in concomitanza con la cosiddetta ‘rivoluzione rossa di ottobre’ scoppiata nelle Asturie, sommossa che aveva come scopo l’instaurazione di un regime comunista ateo e l’eliminazione del cattolicesimo”. Tale denuncia fu avvalorata dalle osservazioni di molti diplomatici stranieri presenti in Spagna e da altrettanti uomini di cultura iberici, anche lontani dalle posizioni franchiste. “In seguito alla violenta rivoluzione del 1934 – annotò il funzionario d’ambasciata e letterato don Salvador de Madariaga - la sinistra spagnola perse addirittura qualsiasi autorità morale per condannare la ribellione franchista del luglio 1936”. Accusa, questa, confermata da una serie infinita di documentati soprusi perpetrati dalle autorità repubblicane e dai gruppi organizzati anarchico-comunisti ai danni dei cattolici. Durante la cosiddetta ‘rivoluzione delle Asturie’, bande di anarchici e marxisti lasciate libere di agire assassinarono 37 fra sacerdoti, seminaristi e religiosi ed incendiarono 58 chiese. Il ‘massacro’ delle Asturie ufficializzò, se così si può dire, l’inizio del lungo martirio della chiesa iberica che nel 1931, tramite i suoi vescovi, aveva riconosciuto come legittimo il nuovo esecutivo repubblicano. L’atteggiamento violentemente antireligioso di buona parte dello schieramento politico repubblicano ebbe dunque modo di manifestarsi – contrariamente a quanto sostenuto per decenni dalla pubblicistica di sinistra - ben prima della cosiddetta ‘rivolta franchista’. In concomitanza con gli assalti alle chiese da parte dei gruppi anarchico-marxisti delle Asturie, il governo madrileno emanò infatti una sequenza di leggi direttamente o indirettamente anticattoliche. Basti pensare all’importante organismo istituzionale delle ‘Cortes Constituyentes’ della repubblica, i cui seggi furono totalmente occupati da elementi massoni violentemente anticlericali, da comunisti e in misura minore da anarchici. Secondo il gesuita Ferrer Benimeli, uno dei maggiori esperti in materia, nella prima metà degli anni Trenta ben 183 esponenti della massoneria più anticlericale entrarono nelle ‘Cortes Constituyentes’, fornendo un valido contributo alla lotta contro la chiesa cattolica e le sue istituzioni. La massoneria ebbe quindi un notevole influsso nell’elaborazione della legislazione anticattolica, o meglio atea, della repubblica. D’altra parte, uno dei padri della seconda repubblica spagnola, Manuel Azaña, era convinto che lo Stato dovesse diventare laicista nel senso più radicale ed esasperato del termine. Egli voleva una chiesa mansueta e sottomessa, dominata e controllata dallo Stato, e se ciò non fosse risultato possibile si sarebbe dovuto eliminarla. Azaña non era solo contro il cattolicesimo spagnolo nella sua forma storica concreta, ma contro il cristianesimo in quanto tale. La quasi totalità dei leader repubblicani vedevano nella chiesa di Cristo un pericoloso ostacolo alla realizzazione di un Nuovo Stato totalmente laicista e ateo. Non a caso, nel 1931, la repubblica varò una serie di leggi atte a paralizzare l’attività della chiesa, abolendo anche associazioni e ordini importanti, come la Compagnia di Gesù. La dissoluzione di quest’ordine fu giustamente interpretata dai vescovi spagnoli non soltanto come un abuso, ma come un vero e proprio attacco alla Santa Sede. Il decreto di scioglimento della Compagnia è un esempio paradigmatico della violenta discriminazione repubblicana nei confronti della Chiesa, senza considerare che il provvedimento in questione andava contro la stessa costituzione che riconosceva i diritti fondamentali degli ordini religiosi. D’altra parte, fino dall’insediamento al potere del governo repubblicano, la gerarchia cattolica iberica percepì il rapido evolversi di una drammatica situazione di intolleranza, come dimostra il rapporto del 16 ottobre del ‘31 dell’Arcivescovo di Tarragona, cardinale Vidal y Barraquer, al nunzio apostolico vaticano, cardinale Eugenio Pacelli (il futuro papa Pio XII). Ciononostante – e probabilmente dietro indicazioni del Vaticano - la Chiesa spagnola tentò per mesi e con tutti i mezzi di addivenire ad un’intesa con il governo madrileno. Ma nulla valse a modificare l’atteggiamento del governo che il 2 giugno 1932 per tutta risposta varò la legge sulle ‘Confesiones y Congregaciones religiosas’ che di fatto minacciava il patrimonio ecclesiastico e aboliva l’insegnamento religioso nelle scuole. A questo proposito, la Santa Sede inviò ai vescovi spagnoli una nota - la ‘Gravis theologi sententia’ (redatta proprio dal nunzio cardinale Pacelli) - in cui si davano ai vescovi alcuni orientamenti sul modo di reagire di fronte a questi soprusi. I vescovi, che all’inizio si erano dimostrati prudenti e concilianti, presero finalmente una posizione più ferma, intervenendo ufficialmente, come nel caso della ‘Declaración’ (25. V. 1933) siglata dai metropoliti, un documento che denunciava tutte le offese e le violazioni compiute dallo Stato nei confronti del cattolicesimo. Pur non condividendo le tesi franchiste (e tanto meno quelle degli alleati di Franco, prima fra tutte la Germania di Hitler) il 19 marzo 1937, papa Pio XI – ormai edotto circa la politica fortemente anticlericale del governo repubblicano spagnolo - fu costretto a pronunciarsi con l’enciclica Divini Redemptoris contro il ‘comunismo ateo’, mettendo in evidenza il pericolo rappresentato da due dottrine — il panteismo nazionalsocialista e l’ateismo marxista — che si richiamavano entrambe ad un nichilismo distruttivo ed autodistruttivo. D’altra parte, in quegli anni bui la Chiesa spagnola era ben consapevole di dovere difendere a tutti i costi i principi fondamentali della giustizia e della pace di fronte all’affermarsi nella società iberica di ideologie violente ed opposte. Il 18 luglio 1936, quando ebbe inizio la Guerra Civile - conseguenza logica della violenta e caotica situazione nazionale venutasi a creare all’indomani delle elezioni del febbraio dello stesso anno, in seguito alle quali il ‘Fronte Popolare’ (coalizione composta da socialisti, comunisti, anarchici ed altri elementi estremisti e violenti) aveva preso il potere - la posizione della Chiesa spagnola si fece addirittura drammatica. Il composito e frazionato governo repubblicano aveva da tempo dimostrato la sua sostanziale inettitudine nell’affrontare la complessa realtà sociale spagnola, e dopo alcuni mesi caratterizzati da grande instabilità politica e da disordini di tutti i tipi, una parte dell’Esercito, al comando dei generali Emilio Mola, José Sanjurjo e Francisco Franco e appoggiata da gran parte del ceto aristocratico, borghese e contadino, si sollevò in armi per abbattere un esecutivo, quello repubblicano, dominato a tutti gli effetti dalla forte componente comunista e sindacalista. Come spiega senza tante perifrasi l’illustre storico e politologo cattolico Estanislao Cantero Nuñez “la versione ‘politica’ e ‘ideologica’, diffusa in Spagna soprattutto dopo la nuova restaurazione che ha rotto con la legalità precedente, secondo cui l’alzamiento fu soltanto la sollevazione - illegale - dei militari contro la legittimità della Repubblica, è semplicemente propaganda, ma non storia, anche se buona parte di quanti si definiscono storici, e tali sono generalmente considerati, ha contribuito a diffonderla. Ancor meno si può sostenere che fu una sollevazione del fascismo contro la democrazia; e neppure una reazione borghese o delle classi dominanti in difesa dei loro privilegi di classe, come con assoluta sfacciataggine afferma Manuel Tuñón de Lara, il tutto dovuto al fatto che la destra non accettò la propria sconfitta elettorale nel febbraio del 1936; oppure che si trattò di una ribellione dei militari, delle classi conservatrici e della Chiesa contro la ragione e la libertà incarnate in una Repubblica, che aveva tentato senza successo di condurle a una soluzione moderna, come con completo misconoscimento dei fatti ha proposto Aldo Garosci. L’alzamiento fu soltanto un pronunciamientoo golpe militare contro un sistema politico che aveva dimostrato in modo inequivoco non solo la propria inettitudine, ma la propria arbitrarietà e conculcato le basi elementari di ogni Stato di diritto. In sé stesso, fu solamente la reazione di alcuni militari, che non potevano assistere inerti alla distruzione della loro patria nel disordine, nel settarismo, nel partitismo e nell’anarchia, tutto questo tollerato, auspicato e perfino provocato dallo stesso governo della nazione. Quando si verificò l’alzamiento, il governo era privo di ogni legittimità d’esercizio e il sistema instaurato con il golpedell’aprile del 1931 aveva mostrato in modo definitivo la sua radicale incapacità di garantire la convivenza. Tanto l’uno che l’altro erano falliti facendo scomparire le sia pur minime condizioni di imparzialità, di mantenimento dell’ordine pubblico e di orientamento della res publica al bene comune, esigibili da ogni governo.” Fino agli inizi del novembre del 1936, la Santa Sede mantenne il suo rappresentante a Madrid. Il cardinale Tedeschini, era partito un mese prima dall’inizio della guerra, e monsignor Filippo Cortesi non giunse mai nella Spagna repubblicana presso la quale era stato nominato nunzio. Il 16 maggio 1938 monsignor Gaetano Cicognani fu nominato nunzio apostolico nella Spagna presso il governo nazionale di Salamanca. Con questa nomina la Santa Sede riconosceva ufficialmente la giunta militare presieduta dal generale Franco, quando ormai erano trascorsi quasi due anni di guerra civile. Ma nel frattempo il quadro della situazione religiosa nella Spagna repubblicana si era fatto intollerabile. Nei soli primi sei mesi di Guerra Civile i repubblicani avevano eliminato oltre 6.500 tra preti, suore, distruggendo e profanando chiese e cimiteri. In certe diocesi, come quella aragonese di Barbastro (la città del beato Escrivà de Balaguer), venne trucidato l’88 per cento del clero locale. Per la precisione, tra il luglio 1936 e il marzo 1939, vennero torturati e massacrati 4.184 tra preti e seminaristi diocesani, 2.365 frati, 283 suore, 13 vescovi, per un totale di 6.834 vittime. Mentre le diocesi completamente distrutte furono 27 e 8 quelle saccheggiate. Soltanto 22 vennero risparmiate. Va infine notato che a portare a compimento tali efferatezze non furono soltanto i raggruppamenti armati di miliziani comunisti (sia stalinisti che trotzkisti) o anarchico-sindacalisti, ma anche quelli socialisti, come testimonia il diario del leader Pietro Nenni impegnato a quel tempo sul fronte aragonese: “Purtroppo non si è riusciti a sfondare le difese di Saragozza, ad incendiare la grande basilica del Pilar e a fare piazza pulita del clero”. Buona parte degli storici è concorde nell’affermare che il sollevamento militare nazionalista contro il governo della repubblica (18 luglio 1936) prese alla sprovvista la chiesa, mettendola in un certo imbarazzo. Ciò è vero. Nonostante le innumerevoli vessazioni e discriminazioni subiti a partire dal 1931 dai cattolici spagnoli, sulle prime la Chiesa, fedele alle norme evangeliche, tentò di mantenersi neutrale, respingendo l’idea della rivolta e della guerra: atteggiamento che poi fu costretta però ad abbandonare in quanto il governo repubblicano non solo volle mantenere in vigore tutte le norme restrittive nei confronti del clero, ma – dietro pressione dei comunisti, degli anarco-sindacalisti e di buona parte dei socialisti – incominciò a perseguitare tutti gli esponenti della chiesa. Alla luce di questa violenta svolta, ci si interroga su quale atteggiamento avrebbe dovuto prendere la chiesa, amante sì della pace e della convivenza, ma anche ridotta sull’orlo del dissolvimento. Furono le circostanze e la necessità a spingere il clero, e il Vaticano, a schierarsi dalla parte dei cosiddetti ‘ribelli’ falangisti, nazionalisti e monarchici: una scelta difficile, dolorosa, ma inevitabile e più che giustificata. Va ricordato che il 13 agosto 1936, cioè poco dopo lo scoppio della Guerra Civile, il cardinale Gomá inviò a Roma un dettagliato rapporto nel quale il prelato illustrava la genesi della sollevazione militare e le cause di una guerra resa inevitabile dalla fallimentare politica economica (e soprattutto agraria) varata dal governo repubblicano, dalle ripetute e violente discriminazioni del Fronte Popolare nei confronti dei cattolici, ma anche degli esponenti dei gruppi liberali e moderati spagnoli: discriminazioni diventate ancora più dure in seguito alle elezioni del febbraio del 1936. Gomá rammentò l’assassinio da parte dei comunisti dello statista nazionalista Calvo Sotelo (la scintilla che fece innescare la guerra) e i piani, elaborati dalle fazioni governative marxiste, per prendere il potere con la forza già a partire dal luglio del ‘36. Gomá mise al corrente il Vaticano circa l’esistenza di fitte liste di proscrizione: elenchi di vescovi, prelati, sacerdoti e attivisti cattolici da eliminare fisicamente. Il cardinale esaminava poi la natura e il carattere della ‘rivolta’ franchista identificandola alla stregua di una spontanea “reazione, condivisa da larghi strati della società civile, nei confronti del ‘regime repubblicano’”. Gomá si soffermò poi a lungo sulla difficile posizione della Chiesa spagnola per nulla incline ad atti di vendetta, ma timorosa di venire schiacciata dalla repressione ‘rossa’. Il cardinale paragonò gli eccessi antireligiosi dei repubblicani a quelli dei rivoluzionari francesi, russi bolscevichi e messicani. E si interrogava, infine, sulle possibili conseguenze in caso di sconfitta del movimento nazionalista. Se Franco avesse perso la guerra – annotò Gomá – per la chiesa spagnola si sarebbe aperto un periodo ancora più drammatico, in quanto il governo repubblicano (aiutato militarmente ed economicamente da Stalin) si sarebbe sicuramente spostato su posizioni totalmente subalterne all’Unione Sovietica. Era convinzione del cardinale (ma anche di molti altri prelati) che in caso di vittoria, la repubblica si sarebbe presto trasformata in un regime rigidamente comunista, con tutte le conseguenze del caso. Gomá non credeva infatti che la componente cosiddetta ‘moderata’, e comunque minoritaria, dell’esecutivo Azaña potesse sopravvivere a lungo. Va ricordato che a pensarla in questa maniera non era solo il cardinale Gomá. Il 6 agosto, l’8, il 15 e il 16 settembre 1936, i vescovi di Vitoria, Pamplona, Maiorca, Valencia, Tuy si schierarono infatti dalla parte degli insorti e attraverso altri 17 interventi episcopali successivi, fra i quali quello del beato Anselmo Polanco, vescovo di Teruel, la stragrande maggioranza degli alti prelati spagnoli si pronunciò allo stesso modo. In questo senso, l’intervento più significativo fu quello del vescovo di Salamanca, futuro arcivescovo cardinale di Toledo e primate di Spagna, Enrique Pla y Deniel (1876 1968), noto per il suo impegno in favore dei diritti sociali degli operai. La sua lettera pastorale Las dos ciudades fu infatti uno dei testi episcopali più chiari circa la definitiva posizione assunta dalla chiesa spagnola, ma anche dal Vaticano, nei confronti della guerra. D’altra parte, già attraverso l’enciclica Dilectissima Nobis, del 3 giugno1933, papa Pio XI era già intervenuto direttamente sulla situazione in Spagna, denunciando la politica anticlericale del governo repubblicano. Seguirono altri puntuali interventi, fino a giungere, a guerra civile inoltrata (il 1° luglio 1937), alla “Carta Colectiva del Episcopado Español a los obispos del mundo entero”, promossa dal cardinale primate Gomá. Il documento, che di fatto costituì la somma di tutti i precedenti proclami, venne firmato da 43 vescovi e 5 vicari capitolari, ma non ottenne la sigla di 5 vescovi assenti dalle loro diocesi, fra i quali Francesco Vidal y Barraquer che, pur condividendone il contenuto, temeva che la sua pubblicazione desse il destro al governo repubblicano per inasprire la sua politica anticlericale. Anche il vescovo di Vitoria, monsignor Múgica, ebbe delle riserve circa l’opportunità di rendere nota la lettera, e di conseguenza non la firmò. Va comunque detto che, nonostante l’evidente carisma e influenza esercitati da Gomá, questi lasciò del tutto liberi i vescovi, non facendo alcuna pressione affinché si adeguassero al suo pensiero, come confermò lo stesso segretario di stato vaticano. Con il documento Gomá i vescovi non pretesero di dimostrare o sostenere una tesi politica in favore di una delle fazioni in lotta, ma tentarono di esporre a grandi linee le reali motivazioni e le caratteristiche i un confronto armato deprecabile, assurdo, fratricida, ma forse ineluttabile. Ribattendo alle accuse lanciate contro la Chiesa spagnola da parecchi intellettuali antifascisti europei e perfino da circoli cattolici, i vescovi invitarono tutti a riflettere attentamente sulle ragioni della loro difficile scelta, sottolineando, in ogni caso, che non sarebbe mai potuta esistere “ragionevole proporzione tra i beni emblematici ottenibili con una guerra e gli enormi mali che da essa sempre derivano”. Terminata la guerra civile (1° aprile 1939), e con essa lo sterminio dei cattolici spagnoli, al Vaticano non rimase che fare la drammatica conta dei morti e delle devastazioni e ad iniziare una minuziosa raccolta delle testimonianze dei sopravvissuti. Gli orrori, e soprattutto lo straordinario coraggio dimostrato dalla totalità degli uomini di chiesa torturati e assassinati (nessuno di essi abiurò mai la propria fede di fronte ai carnefici), indusse papa Pio XI ad avviare una serie di processi di beatificazione. Processo che nel secondo dopoguerra, nel 1964, papa Paolo VI bloccò nel timore di polemiche e di strumentalizzazioni e per la pressione esercitata dal partito comunista e da parte di quelli socialista e democristiano. Bisognò quindi attendere il coraggioso pontificato di Giovanni Paolo II (uomo che aveva sperimentato sulla propria pelle i rigori dei regimi comunisti) per vedere riprendere l’iter della beatificazione ad imperituro ricordo di tante vittime. Per la cronaca, fu il 22 marzo del 1986, che papa Giovanni Paolo II decretò, per primo, il martirio di tre carmelitane di Guadalajara, cerimonia di beatificazione che venne presto seguita da molte altre, fino ai giorni nostri.

Fonte: http://www.albertorosselli.it/articoli/politicaanticattolica.html

domenica 25 marzo 2012

Iraq, evadono addormentando le guardie con datteri al sonnifero.

24.3.12

Una fuga da film per diciannove detenuti del carcere di Kirkuk
E-ilmensile - Diciannove prigionieri accusati di terrorismo sono evasi dal centro di detenzione di Kirkuk, nel nord dell’Iraq. I detenuti, tra i quali anche alcuni esponenti di al-Qaeda, sarebbero riusciti a scappere dopo aver addormentato le guardie offrendo datteri imbottiti di sonnifero. E’ quanto si apprende dall’Ansa. L’evasione è avvenuta poco dopo le tre del mattino. I prigionieri dopo aver addormentato le guardie hanno rimosso l’impianto di ventilazione dei locali e si sono introdotti nei canali di aereazione, che hanno percorso fino all’uscita. Tutto registrato dalle telecamere a circuito chiuso. Anche altre evasioni di massa si sono regisrate in altre città del Paese (Baghdad, Bassora, Mosul) nelle scorsi mesi, soprattutto nelle galere che ospitavano militanti di al-Qaeda

Fonte: http://www.laperfettaletizia.com/2012/03/iraq-evadono-addormentando-le-guardie.html

sabato 17 marzo 2012

Giustizia nell' assegnazione delle case popolari.

 

Giustizia nell'assegnazione delle case popolari
L'Associazione Toscana a difesa dei consumatori plaude l'azione di contrasto all'evasione effettuata a padova. Irregolare più di una autocertificazione su due, con casi eclatanti di finti poveri perché evasori totali, e oltre 60 titolari di appartamenti pubblici che ora dovranno pagare canoni di affitto più alti se non addirittura cercarsi una abitazione sul libero mercato. E' il risultato di una serie di controlli attuati negli ultimi 12 mesi dalla Guardia di Finanza in stretta sinergia con l'Ater - Azienda Territoriale Edilizia Residenziale - di Padova. otizie come questa fanno riflette sull'ingiustizia sociale che regna in alcune aree. Soggetti (evasori totali) che in realtà possiedono ingenti patrimoni, ma accedono a case popolari togliendole a famiglie realmente indigenti, queste ultime vista la crisi in drammatico aumento, vanno puniti severamente per dare un segnale forte all'intero paese e garantire vera equità sociale.

ra i casi più significativi di truffa portati alla luce dall'inchiesta della Gdf sui 'finti poveri' delle case popolari di Padova quello di un signore che a fronte di dichiarazioni dei redditi ridotte all'osso, parcheggiava nel posto auto di un immobile Ater (in provincia di Padova), la propria Mercedes CLS 3.500. Un'auto che vale quasi quanto un mini appartamento.
Questi fatti non sono tollerabili specialmente in un momento come questo dove il potere di acquisto di milioni di famiglie italiane cala drasticamente creando nuove fasce di povertà.
L'A.t.d.c. con la presente chiede alle autorità toscane di intensificare i controlli in questo settore per prevenire ed annullare queste situazioni troppo a lungo tollerate.

Fonte: http://www.toscanaconsumatori.it/comunicati-stampa/226-giustizia-nellassegnazione-delle-case-popolari.html
 

mercoledì 7 marzo 2012

MARCIA PER LA VITA

SECONDA MARCIA NAZIONALE PER LA VITA A ROMA

Come da volantino che segue, informiamo che è stata organizzata
LA SECONDA MARCIA NAZIONALE PER LA VITA
CHE SI TERRÀ A ROMA DOMENICA 13 MAGGIO,

festa della Madonna di Fatima e anniversario dell’attentato a Giovanni Paolo II.

Arriveranno pullman da tutta Italia ma anche dall’estero e ci auguriamo vivamente che la nostra Patria sappia dare il meglio di sé in questa manifestazione di grande importanza a livello mondiale perché ciò che fa l’Italia è risaputo in tutto il mondo e noi vogliamo far sentire la nostra voce in favore della dignità di ogni vita umana, dal concepimento fino alla morte naturale, e contro ogni tipo di violenza, sopraffazione, strumentalizzazioni e schiavitù della persona durante tutta la sua vita terrena.

Ci sono pullman che da varie città d’Italia partono o per un solo giorno, o per due, o anche per tre giorni al fine di poter abbinare anche la visita alle bellezze di Roma Cristiana.

Il CORTEO SI SNODERA’ DAL COLOSSEO CON PARTENZA ALLE ORE 9,30
E ARRIVO A CASTEL SANT’ANGELO ORE 12 CIRCA.

Il Santo Padre per voce del Card. Ruini da la sua benedizione all’iniziativa
perché in quel giorno sarà ad Arezzo.

ADERISCI ANCHE TU CON TUTTA LA TUA FAMIGLIA, AMICI E CONOSCENTI.

Per informazioni e iscrizioni:  06/3233370   info@marciaperlavita.it


PER LA CITTA’ DI VERONA

Partenza sabato 12 e rientro domenica 13     Alberto Zelger 335.8254847        alberto.zelger@iol.it
                                                                       Gianfranco Tommasi 347/9779806 giatomm@libero.it
                                                                       Giovanni Pevarello  333.7092610  nanipeva@yahoo.it

Partenza e rientro il 13 maggio            Andrea Pernigotti  349.4676858  rwregan@hotmail.com

Partenza venerdì 11 e rientro domenica 13      Patrizia Stella  347/3012846 (vedi locandina sotto)


La locandina sottostante può essere stampata e affissa in qualche luogo privato,
tipo associazioni, club, parrocchie ecc.





GITA-PELLEGRINAGGIO A ROMA

IN OCCASIONE DELLA
SECONDA MARCIA NAZIONALE PER LA VITA

VENERDI’ 11    SABATO 12    DOMENICA 13 MAGGIO

Venerdì mattina: Partenza con autobus gran turismo e sosta al Santuario Madonna delle Vertighe vicino ad Arezzo.  S. Messa e pranzo al sacco nel prato adiacente.

Venerdì pomeriggio   Collocamento presso L’Istituto Maria Immacolata nei pressi del Vaticano e visita alla Basilica di S. Pietro e alle tombe dei Papi. Se possibile visiteremo la Cappella Sistina restaurata di recente.

Sabato tutto il giorno:  S. Messa all’Istituto e prima colazione.
Visita a piedi con soste di riposo e per il pranzo nei luoghi più caratteristici della città, (Piazza del Popolo, di Spagna, dei Trevi, Altare della Patria, Campidoglio, Fori Imperiali, Colosseo, Chiese sul percorso, comprese le Basiliche dell’Ara Coeli, S. Maria Maggiore, S. Maria degli Angeli). 
Cena all’Istituto. Dopo cena Roma by night col pullman. Per chi non può camminare, navetta ‘Roma cristiana’. Pagamento a parte.

Domenica mattina: S. Messa e colazione all’Istituto.
Valigia pronta alla hall e partenza col pullman per il Colosseo da dove partirà il corteo della Marcia pro vita e si snoderà nei percorsi più belli di Roma fino ad arrivare a Castel Sant’Angelo. 
Pranzo nelle vicinanze e partenza per rientro a Verona.

Prezzo totale di tre giorni e due notti tutto compreso
Euro 220, 00 a testa (più euro 30 per stanza singola)
Per i bambini sotto i 12 anni prezzo speciale E. 110,=
Viaggio in pullman gran turismo, due colazioni, due pranzi e due cene bevande comprese. ACCONTO EURO  50,00 ALLA PRENOTAZIONE

PER INFORMAZIONI E PRENOTAZIONI
Patrizia Stella    tel.. 347/3012846

Il programma potrebbe subire piccole variazioni a causa di imprevisti.
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CHIUSURA ISCRIZIONI:    31 MARZO

domenica 4 marzo 2012

MERCANTI PER CASO

Mercanti per caso, il mercatino delle carabattole.
Stamani a Lucca, presso il Foro Boario, loc. Montescendi, Monte San Quirico, ho visitato un caratteristico mercatino, chiamato " il mercatino delle carabattole,, . Da  alcuni anni volenterosi organizzatori, maschili e femminili, espongono e vendono diversi oggetti. Tra i vari venditori, ci sono professionisti, artigiani, operai, che durante la settimana, svolgono la loro attivita'e in questi giorni si improvvisano ambulanti. La cordialita' e la simpatia sono le armi dei venditori , oltre che prezzi molto modesti per contrastare questo periodo di crisi ed insegnare che il riciclo puo'esesere un' alternativa . Una bancarella che mi ha colpito è stata quella di Alma e Ale. Oltre ai vari oggetti in vendita dei bellissimi lavori artigianali, tutti fatti a mano, come queste due borsette  cucite e ricamate con pazienza certosina,  di un bellissimo tessuto, ed altri molto creativi, veramente da non perdere.
Nelle altre bancarelle, si trovano libri, oggetti anni '60, dischi, abbigliamento, tappeti, impossibile elencare  i tanti oggetti esposti. Con piacere ho notato diversi utensili  in vendita che facevano parte integrante della cultura contadina delle colline lucchesi. Il mercatino non è a scopo di lucro. Dulcis in fundo, non c' è problema per parcheggiare, è gratis e il mercatino  dista 300 metri dal centro storico di Lucca. Sul posto sono aperti  vari punti di ristoro. L' ambiente circostante, è una vera oasi di pace, a pochi metri scorre il  fiume che bagna Lucca il Serchio.

Date del mercatino :   3 / 4 marzo 2012               28 / 29 aprile 2012
1 / 2 / 3 giugno 2012             28 / 29 luglio 2012 ( queste due date inizio ore 17.00 fino ore 24.00)
27 / 28 ottobre 2012            7 / 8 / 9 dicembre 2012

sabato 3 marzo 2012

EL Salvador: avviato un progetto per combattere il morbo di Chagas


E' partita la campagna annuale promossa dall’organizzazione umanitaria spagnola Manos Unidas sul diritto alla salute per tutti.
Radio Vaticana -Grazie al supporto di Manos Unidas, a febbraio, in El Salvador, la Ong locale Fundación Salvadoreña de Desarrollo y Vivienda Mínima (Fundasal), ha avviato il progetto “Migliorare l’habitat per combattere il morbo di Chagas”. Avviato nel 2009, il programma è volto a migliorare le condizioni di precarietà e insalubrità delle abitazioni e delle infrastrutture di base nei villaggi del municipio e del dipartimento di Santa Ana, una comunità rurale molto povera di El Salvador, per combattere la diffusione dell’insetto vettore della malattia.

Dopo una serie di studi, è stata riscontrata un’alta incidenza di Chagas tra gli abitanti di Santa Ana, Ahuachapán e Sonsonate. A Santa Ana è addirittura superiore al tasso di Aids. L’educazione e la presa di coscienza da parte delle famiglie sulla malattia, le cause, le conseguenze e le forme di prevenzione, sono una parte determinante di questo progetto. Fundasal è impegnata anche a migliorare le abitazioni delle famiglie più svantaggiate con pareti nuove, strutture igienico sanitarie in gesso all’interno o all’esterno delle abitazioni, apertura di varchi per le finestre e le porte, coperture di rinforzo, separazione degli ambienti, pavimenti in cemento. Si tratta del primo progetto del genere avviato a El Salvador, e ha avuto un grande impatto nella zona. Oltre a coinvolgere le famiglie, è servito anche a consapevolizzare le autorità e i leader sociali della regione sulla gravità del problema. Il morbo di Chagas è una di quelle malattie definite dimenticate o trascurate, che non ricevono particolare attenzione da parte delle autorità sanitarie. Ogni anno milioni di persone vengono contagiate e i morti sono decine di migliaia. La pandemia ha una prevalenza nelle regioni rurali più povere dell’America Latina. (R.P.)

Fonte: http://www.laperfettaletizia.com/2012/03/el-salvador-avviato-un-progetto-per.html

giovedì 1 marzo 2012

Spagna, coltivazioni di cannabis per uscire dalla crisi



Può sembrare l’idea di un hippy strampalato o la trovata provocatoria di un gruppo olandese, invece tutto è partito da Bernat Pellisa, sindaco, di Rasquera, un piccolo paese da 900 anime della Catalogna: puntare sulla coltivazione cannabis per uscire dalla crisi.

E-ilmensile - Il debito municipale di Rasquera tocca la cifra di 1.3 milioni di euro e i proventi che arriverebbero dalla marija potrebbero salvare le casse comunali.Il sindaco ha portato avanti per otto mesi una trattativa con la Asociación Barcelonesa Cannábica de Autoconsumo (Abcda), un’associazione con 5 mila membri, alla quale il Comune cederà il terreno. L’approvazione definitiva in consiglio comunale è prevista per oggi e Pellisa è assolutamente ottimista, visto che anche l’opposizione ha espresso parere favorevole all’idea.

L’Abcda pagherà 36 mila euro alla firma del contratto e ne verserà altri 550 mila ogni anno per l’affitto dei campi e le spese giuridiche e di sicurezza del progetto. “Tutti ci guardano con sospetto – dice Pellisa – però stiamo creando un’impresa pubblica destinata alla ricerca sulla cannabis, dopo si deciderà qual è la quantità di marijuana destinata ai soci”.

Ovviamente, malgrado gli abitanti della cittadina si siano dimostrati favorevoli alla proposta del loro sindaco, le polemiche sono arrivate in un batter d’occhio, con le destre e i gruppi religiosi che si sono scagliati violentemente contro il povero Pellisa. Nel resto d’Europa, sono già in molti che guardano a Requera come a una nuova, piccola, Amsterdam.

Fonte: http://www.laperfettaletizia.com/2012/02/spagna-coltivazioni-di-cannabis-per.html