martedì 21 dicembre 2010

Maestro di Buon Umore

Don José Luis Soria conobbe san Josemaría nel 1953. Medico, fu ordinato sacerdote nel 1956 e da quel momento, fino all'ultimo giorno che san Josemaría trascorse sulla terra, visse al suo fianco, a Roma. Attualmente svolge il suo lavoro sacerdotale in Canada.

14 dicembre 2010
www.josemariaescriva.info

Lei considera uno dei tratti più caratteristici della personalità di san Josemaría il suo buon umore, al punto di aver scritto un libro dal titolo: Maestro di buon umore. Come si manifestava questo aspetto? 

Effettivamente nel libro rilevo essere questa – a mio giudizio - una caratteristica della personalità di san Josemaría. Da una lato, c’era il suo atteggiamento ottimista e sorridente di fronte alla vita, il che dava un tono attraente e positivo al suo modo di fare. È ciò che propriamente si può chiamare il suo buon umore, la sua allegria. Era una conseguenza del suo temperamento, rafforzata dal modo sincero e convinto con cui sapeva di essere figlio di Dio.

Dall’altro lato, c’era la prontezza con cui era solito rispondere a un interlocutore con un commento scherzoso o simpatico. Ciò indica anche un senso dell’umorismo particolare e sviluppato, qualcosa di più della semplice allegria. Assomiglia a ciò che gli inglesi chiamano wit, cioè la capacità di percepire rapidamente ciò che è incongruo, ambiguo o indelicato, e di reagire con una frase o espressione inaspettata e divertente. In questo san Josemaría era maestro. Quando si stava con lui in una atmosfera rilassata e familiare, era facile sorridere o anche ridere francamente di fronte alle sue uscite piene di umorismo intelligente e affettuoso.


San Josemaría peraltro aveva una forte personalità e un carattere vigoroso, diceva le cose con molta chiarezza. Questo, a volte, non creava tensioni? Com’era il suo modo di correggere?

Certamente, il suo carattere era vigoroso ed il suo temperamento molto “aragonese”. Era solito dire che questa era una delle ragioni per cui Dio l'aveva scelto come fondatore dell'Opus Dei, in vista degli ostacoli di ogni genere che avrebbe incontrato nel portare avanti l’Opera. Questo faceva sì che, qualche volta, si creassero situazioni di tensione, specialmente se l’interlocutore non conosceva a sufficienza san Josemaría o aveva un temperamento timoroso. Ogni correzione fa male, perché il nostro orgoglio si sente sempre ferito. Ma ricordo soltanto un'occasione, in ventidue anni, in cui san Josemaría mi corresse senza un motivo fondato. Appena se ne rese conto mi chiese scusa e mi manifestò con i fatti che il suo affetto non era diminuito.

Direi che, qualsiasi correzione facesse, era subito accompagnata da un dettaglio comunque affettuoso, anche se insignificante per un osservatore estraneo. Ricordo, per esempio,che, quando qualcuno che lavorava con lui veniva rimproverato durante la mattinata di lavoro, succedeva poi regolarmente che, quando san Josemaría arrivava alla tertulia dopo il pranzo, sorrideva e mostrava una caramella - solamente una - tra il pollice e l'indice della mano destra. Appena lo vedevamo arrivare così, sapevamo già che era destinata allo stesso che era stato rimproverato. La consegna era accompagnata da uno degli epiteti affettuosi che san Josemaría usava in famiglia: toma, melón; o toma, ladrón: prendi, brigante!


Era amabile la vita vicino a lui? Si può pensare che non sia facile vivere vicino a un santo. Lei cosa dice in proposito?

San Josemaría ripeteva la stessa idea con parole diverse. Ci diceva, comprendendo se stesso, che a volte “per sopportare un santo ce ne vogliono due". Ho sempre interpretato quest'idea come espressione di quanto sia difficile vivere con qualcuno che si crede santo, perché poi le sue manie, difetti o opinioni personali, rischiano di diventare verità assolute e incontestabili. Ma questo non succedeva a san Josemaría, e per due ragioni principali. Primo, perché la sua santità - e perciò la sua umiltà e carità - erano genuine. Ora il Magistero della Chiesa è supremo e definitivo testimone di questo, anche se san Josemaría si definiva un peccatore che ama Gesù Cristo. Secondo, perché praticava un grande amore per la libertà personale, senza imporre dogmi, correggendosi quando si rendeva conto di essersi sbagliato e difendendo caldamente la libertà di cui gode ogni persona nell’Opera.

Infatti, il buon umore non è solo compatibile con la carità, ma può essere una delle sue forme più delicate. Fra i carismi che Dio accordò al Fondatore dell'Opus Dei, ce n’è uno forse poco noto: quello di avvicinare le persone a Dio facendo loro percorrere la strada del buon umore. In Cammino (n. 657) scrisse: La vera virtù non è triste e antipatica, bensì amabilmente allegra, e cercò sempre di vivere così. Era una gioia stargli vicino, anche se non sono mancati momenti in cui la fatica o la malattia si sono fatte notare nella vita in famiglia. Forse sono stati momenti duri, ma sapevamo che erano scogli isolati in un oceano immenso di affetto, pace e felicità.


Come reagiva di fronte a eventi oggettivamente negativi: calunnia, mancanza di fedeltà a Cristo, malattia seria o morte di qualche persona cara?

L’ho visto reagire sempre con grande senso soprannaturale, come un uomo dal cuore grande e di fede autentica. Secondo il tipo di contrarietà, poteva reagire con tristezza se l'evento implicava una mancanza di fedeltà a Cristo, una calunnia o una mancanza di generosità verso Dio. Noi applicavamo la “formula” che ci consigliava sempre: pregare, tacere, sorridere, perdonare. Ricordo il suo dolore e la sua pace, al tempo stesso, quando ricevette il bollettino medico sulla malattia diagnosticata (e di cui poi morì) a José María Hernández Garnica, uno dei primi tre sacerdoti dell'Opus Dei. Mi chiese di spiegargli in dettaglio i contenuti della diagnosi. Eravamo soli nella stanza e quando io cominciai a chiarire il significato della diagnosi e di ciò che si presagiva, san Josemaría cominciò a piangere sconsolatamente. Quando terminai di leggere, mi disse: Perdonami, figlio mio, per il cattivo esempio che ti ho dato, ma così hai visto che anche che il Padre ha cuore. Poi recitò a memoria molto lentamente, assaporandola, l’orazione che aveva scritto nel punto 691 di Cammino: “Sia fatta, si compia, sia lodata ed eternamente esaltata la giustissima e amabilissima Volontà di Dio sopra tutte le cose. Amen. Amen”.


E di fronte alle piccole cose della vita ordinaria, che possono costare molto ed essere fastidiose?

La mia esperienza è che di solito non sembrava che si risentisse per piccoli incidenti: qualche avaria tecnica, un blackout di corrente, o disturbi di salute suoi personali, ecc. Penso che la sua apparente mancanza di reazione fosse in realtà il risultato di un processo soprannaturale in cui entravano l'accettazione della volontà di Dio, la fortezza di fronte alle scomodità e il distacco da aspetti di confort personale. Era consapevole di essere di fronte a una mortificazione passiva e la accettava di buon grado, con il desiderio di santificare le cose piccole e normali, tipico dello spirito dell'Opus Dei.

Le cose andavano diversamente quando nella contrarietà c’era un elemento umano che implicava mancanza di responsabilità, negligenza, pigrizia. La maggior parte delle volte reagiva, anche con energia, per correggere e così aiutare la persona in questione, ma non lo faceva perché ciò che era capitato lo infastidisse, ma perché probabilmente implicava un'offesa del Signore o almeno una mancanza di amore di Dio.


Che cosa della sua esperienza personale nell'Opus Dei, vorrebbe trasmettere a quelli che sono arrivati dopo?

Direi loro di capire bene l'insistenza con cui san Josemaría esortava a completare le Norme di pietà [1] che formano il piano di vita spirituale dei fedeli della Prelatura: fatemi le Norme, ripeteva spesso. Ma è necessario, come insegnò anche Álvaro di Portillo, suo immediato successore a capo dell'Opus Dei, che non sia una mera esecuzione. Con un gioco di parole, don Álvaro spiegava, che il “compimento” non deve essere un “compio e mento”: quasi le facessi soltanto come un dovere da cui liberarmi, ma senza curarne la qualità e i contenuti. San Josemaría diceva che ogni Norma deve essere un vero incontro con Gesù; non un semplice atto di pietà fatto per dovere. Questo è il mio suggerimento: che scoprano il valore santificante di ogni Norma, compiendola con fedeltà, grande amore di Dio e con la massima attenzione possibile. Direi di farle in modo che il livello di presenza di Dio aumenti dopo avere completato una Norma. Così, e solamente così, arriveranno a essere anime contemplative in mezzo al mondo, come è stato san Josemaría.

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[1] Le Norme di pietà cristiana che praticano i fedeli dell'Opus Dei, hanno lo scopo di far loro conoscere, amare e stare sempre più vicini a Cristo. Per esempio, la partecipazione alla Santa Messa, la ricezione frequente della Comunione e del sacramento della Penitenza, la lettura della Sacra Scrittura e di altri testi spirituali, la recita del Rosario, un periodo quotidiano dedicato all’orazione mentale, ecc.

Fonte:  http://www.opusdei.it/art.php?p=40944

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