di FABIO CINTOLESI
Da qualche tempo, anche su queste “pagine”, si fa un gran parlare di
Beppe Grillo e del suo movimento. Dato che il sottoscritto fa parte di
un meetup (così si chiamano i gruppi locali di questo movimento) oramai
dal 2007, credo di essere persona che ha qualche titolo per scrivere
della cosa; sicuramente più di molti che in quest’ultimo periodo hanno
parlato di cose che conoscono appena o non conoscono affatto. Intanto,
la prima considerazione: Beppe Grillo non è un liberale, tantomeno un
liberista. La cosa positiva è che non ha la pretesa di esserlo o di
raccontartelo. Chi scrive non è innamorato di Grillo; però gli riconosce
il merito, unico tra i vari leader politici, di non aver partecipato al
sacco di questo Paese. E scusate se è poco.
Il problema è che nell’attuale panorama politico, di liberali (a
fatti e non a chiacchiere) non se ne vede manco l’ombra. Tanto per dire:
l’unica battaglia liberale che si è vista in Italia negli ultimi cinque
anni (la raccolta di firme per i referendum per l’abrogazione del
finanziamento pubblico ai giornali e dell’ordine dei giornalisti) è
stata fatta da uno che non ha la pretesa, come ho detto prima, di essere
un liberale. Dove fossero su questo e su altri temi i libberali de
noantri non è dato sapere, ahimè. Un altro merito (liberale?) che
conferisco a Grillo è quello di aver attratto verso l’attività politica
tantissimi giovani. Gente attiva, attenta e motivata. Ovviamente c’è la
cima e quello meno dotato, ma niente a che vedere con i “giovani” dei
partiti “tradizionali”; quasi sempre dei veri e propri cloni dei propri
dirigenti. A questo va aggiunto l’uso preponderante della rete per la
diffusione del proprio messaggio politico. Questi due aspetti
porteranno, se già non lo stanno facendo, ad uno “svecchiamento” (non
solo generazionale, ma anche culturale) della politica in Italia. Di
questo, a mio avviso, beneficeranno anche i giovani liberali che
militano nei vari partiti, spesso non persuasi della necessità di
liberarsi di tutta una serie di vecchie cariatidi, per poter finalmente
iniziare una fase nuova e, speriamo, autenticamente liberale. Anche
perché, chi ti ha portato al disastro non può essere la stessa persona
che risolverà i problemi.
Un altro merito che si può senza tema di smentita attribuire a Grillo
è quello di non aver creato l’ennesimo partito “padronale”, ma un
movimento “in franchising”. I partiti della seconda repubblica, si sono
tutti distinti per l’essere diretta emanazione di leader che, oltre che
esserne fondatori, sono dei veri e propri padroni assoluti dei
rispettivi orticelli più o meno grandi. Il potere intermedio, dei vari
ras locali, non deriva dall’appoggio della base, ma dal favore conferito
dal “sovrano” al feudatario di turno. E questo meccanismo si ripete a
scendere, dai “colonnelli” fino all’ultimo caporale. All’interno di
queste strutture i singoli che fanno eccezione sono ben pochi, mentre
l’unico partito “plurale”, come il PD, appare più come un aggregato di
signorie feudali, che non una struttura con un grado di democrazia
interna accettabile.
La struttura del movimento di
Grillo, invece, condivide con gli altri partiti solo la genesi, cioè la
risposta di un gruppo di persone ad un leader autoproclamato. Per il
resto, siamo su un altro pianeta. Beppe Grillo offre un marchio (le
famose cinque stelle) e richiede ai gruppi locali che si formano sul
territorio di onorare le indicazioni programmatiche (la carta di
Firenze) e le norme statutarie (il cosiddetto non-statuto).
Mi si obbietterà che Grillo è il padrone del marchio. Vero, ma
essendone il legittimo proprietario esercita semplicemente il suo
diritto di proprietà. La vera novità è che Grillo non interferisce mai o
quasi negli affari interni dei vari meetup. Men che meno si preoccupa
di avere uomini di propria fiducia in ogni singolo consiglio comunale o
in ogni singola lista. Dico questo perché ho potuto verificarlo di
persona. Persino nei casi di problemi interni (si sa, le liti accadono
anche nelle migliori famiglie) gli interventi di Grillo e del suo staff
sono fatti col contagocce e controvoglia. Anche di questo sono testimone
oculare. Questo è, in ultima istanza, il vero motivo per cui Grillo può
rinunciare ai finanziamenti pubblici per i partiti. Non già grazie
all’uso della rete, o meglio, non solo grazie a quello; ma soprattutto, a
mio avviso, perché questa struttura “in franchising” non costringe a
mantenere costose burocrazie di partito dedite alla trasmissione del
volere del centro verso la periferia del partito; praticamente a far da
eco alle esternazioni quotidiane del capo.
La vittoria del Movimento Cinque Stelle alle ultime elezioni
amministrative ha dimostrato, se ce ne fosse stato bisogno, che il
finanziamento pubblico ai partiti non è necessario all’attività di una
forza politica, ma anzi è l’ostacolo principale alla loro
democratizzazione interna. Ma forse divago. Se questo assetto del
movimento di Grillo verrà mantenuto o ci sarà un’involuzione verso una
forma più simile ai partiti attuali non è dato sapere. Questa è
l’attuale connotazione organizzativa di questo movimento. Può essere
criticata quanto si vuole ma, per usare il motto di Einaudi, è sempre
meglio conoscere per deliberare.
Per quanto riguarda il programma politico, e soprattutto la sua parte
economica, la critica a Grillo di non avere un programma economico
serio credo possa essere condivisibile. D’altronde non si sa chi possa
dire di avercelo. Non ce l’hanno i partiti e men che meno il governo o
la commissione europea. Forse la BCE, ma anche qui nutro qualche
dubbio. Le dichiarazioni estemporanee di Grillo, tese a cercare consenso
fiutando di giorno in giorno l’umore del pubblico, dicono tutto e il
contrario di tutto. Un giorno nel blog viene ospitato Bruno Tinti,
discutibile alfiere della lotta all’evasione fiscale; dopo pochi giorni
lo stesso Grillo tuona contro chi dice che se tutti pagassero le tasse
si risolverebbero i problemi, neanche si ispirasse al buon Leonardo
Facco.
In questa ridda di dichiarazioni si fatica a ritrovare un tratto
comune, se non la rabbia urlata (a ragione) contro la casta. Prima di
cimentarsi in critiche o filippiche, credo sia meglio molto
semplicemente leggersi il
programma (che su questo giornale è
stato analizzato da Stefano Magni). E’ un po’ lungo e, per quello
che mi concerne, raramente i programmi molto lunghi troveranno
attuazione, anche parziale. Se qualcuno avrà la voglia di leggerlo,
converrà con me che non è un programma liberale. La domanda che pongo al
paziente lettore è questa: questo programma è meno liberale dei
programmi (e soprattutto della prassi) degli altri partiti?
Al di là dei programmi, i segnali che colgo dall’interno del
movimento spesso non sono univoci. Sono presenti le consuete
ideosincrasie anticapitalistiche, ma non più di quanto siano presenti in
tutta la società italiana. Ad esempio, poche settimane fa ho avuto
occasione di dibattere con due consiglieri provinciali del PdL sui temi
della tassazione: avrei avuto difficoltà a distinguerli da esponenti
della sinistra comunista o ex comunista. Va detto comunque che non c’è
una matrice ideologica cristallizzata al punto da impedire un dibattito
sulle migliori soluzioni da adottare di volta in volta per problemi
specifici. Prevale un certo livello di pragmatismo, almeno tra i
componenti del movimento che ho avuto occasione di incontrare.
Accanto alla mobilitazione per l’acqua pubblica o contro il nucleare,
molte liste locali (compresa quella di Sarego che ha eletto il primo
sindaco grillino d’Italia) hanno messo nero su bianco la volontà di far
gestire lo smaltimento dei rifiuti ad una società privata (e trovatemi
qualcuno che ha proposto di privatizzare questo servizio). Non c’è una
visione chiarissima su cosa sia “pubblico” e cosa sia “privato”. Si
scambiano le società per azioni di proprietà comunale per società
private, confondendo l’essere enti di diritto privato con l’assetto
della proprietà. Si parla di acqua pubblica, ma non si sa se in mano
dello Stato, dei comuni o di società ad azionariato diffuso. Ma anche
questa confusione di termini e concetti è un problema che si riscontra
un po’ in tutti gli strati della società civile e ci vorranno anni, se
mai sarà possibile, per sanare i danni di un’informazione ed una cultura
collettivista predominante che (in omaggio al dettato gramsciano) ha
bombardato le menti di tanta, troppa gente con l’idea che il libero
mercato sia il problema e l’intervento dello Stato la soluzione.
Data la forza che sta assumendo, sempre di più, questo movimento sarà
oggetto di critiche, comprese quelle di chi pensa di fermarlo; come se
il problema non fosse di fermare questa partitocrazia corrotta, predona
ed ignorante che ci sta portando velocemente al collasso economico.
Gente da associare alle patrie galere e non da invitare ai dibattiti
pubblici. Perché chiedere ai nostri interlocutori della propria condotta
morale riguardo all’uso dei nostri soldi non è atto illiberale ma di
mero buonsenso. Credo siano da evitare le critiche a prescindere,
tenendo presente che molte di queste persone è gente per bene e che è
meglio interloquire con persone in buona fede, anche se con idee diverse
dalle tue, piuttosto che dialogare con soggetti privi di qualsiasi
scrupolo morale travestiti da illusori liberali. Le critiche immotivate,
poi, accentuano quel senso di “accerchiamento” che talvolta può colpire
questi movimenti, finendo per innescare meccanismi di autodifesa basati
sull’autoriconoscimento dei propri membri come “puri”, contrapposti
agli “impuri” al di fuori. Un settarismo deleterio ed esiziale da cui
questo movimento per adesso è stato piuttosto immune.
Al di là del dialogo e del confronto, alcune battaglie del Movimento
Cinque Stelle potrebbero essere tranquillamente sostenute da ogni
liberale: dall’abolizione del finanziamento pubblico ai giornali ed ai
partiti, all’abolizione delle province, fino all’abolizione dell’ordine
dei giornalisti ed all’abolizione del CIP6, cioè degli incentivi agli
inceneritori (una battaglia meritoria che potrebbe benissimo accomunare
chi vuole meno tasse e chi vuole tutelare l’ambiente e la nostra
salute).
Insomma, luci ed ombre; affinità e divergenze…
Fonte: http://www.lindipendenza.com/meetup-grillo-politica/
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