Al Venerabile Fratello Enrico Bartoletti
Amministratore Apostolico
«sede plena» di Lucca
Venerabile Fratello, salute e Apostolica Benedizione
Amministratore Apostolico
«sede plena» di Lucca
Venerabile Fratello, salute e Apostolica Benedizione
Come Ella Ci ha premurosamente comunicato, abbiamo appreso che la città di Lucca si appresta a celebrare con varie iniziative di elevato carattere religioso e culturale, il secondo centenario della -morte di Monsignor Giovanni Domenico Mansi, dei Chierici Regolari della Madre di Dio, illustre figlio e zelantissimo Pastore di codesta Arcidiocesi.
Siamo lieti di esprimere il Nostro compiacimento per tale iniziativa, diretta a mettere maggiormente in luce la figura e l’opera molteplice di questo insigne studioso e Vescovo; e, accogliendo di gran cuore il suo invito, inviamo il Nostro saluto e incoraggiamento ai diletti sacerdoti e fedeli di codesta Arcidiocesi, come pure ai Chierici Regolari della Madre di Dio, affinché in una circostanza così significativa non manchi la Nostra voce beneaugurante e benedicente.
Tale commemorazione si impone come doveroso tributo di riconoscenza verso chi illustrò la Chiesa Lucchese non soltanto per avervi ricevuto, insieme ai natali, la prima formazione spirituale e culturale, ma altresì per avere messo a profitto della medesima i frutti maturi di un vita tutta spesa nell’esercizio esemplare delle virtù religiose, nell’insegnamento delle scienze sacre e nelle ricerche assidue e laboriose riguardanti il campo degli studi storici.
Si offrirà così l’opportunità di dare giusto rilievo al posto che Mons. Mansi si è conquistato nel quadro della cultura ecclesiastica italiana del Settecento, sia diffondendo la conoscenza di opere straniere, sia pubblicando precedenti edizioni ampliate ed arricchite col contributo delle sue esplorazioni nelle biblioteche di Lucca e d’Italia. Sotto questo aspetto il nome del Mansi appartiene non soltanto a Lucca, ma anche alla Chiesa, a cui rese un servizio utilissimo con la sua opera maggiore sui Concili: Sacrorum Conciliorum nova et amplissima collectio. Anche se quest’opera non fu da lui condotta a termine ed in essa facilmente si possono riscontrare innegabili difetti, bisogna tuttavia riconoscere che avere tentato e iniziato un’impresa così vasta ed impegnativa, rappresenta già un grande merito culturale dell’autore; l’opera del Mansi, infatti, rimane tuttora la più completa collezione di testi conciliari e, pur con i suoi limiti, si è rivelata strumento prezioso per gli studi di storia della Chiesa e di teologia, utilizzato largamente anche dal Concilio Ecumenico Vaticano II.
Accanto all’attività di studioso, non meno intensa, anche se meno nota, fu la sua opera di sacerdote esemplare, pio e premuroso nel promuovere il bene spirituale dei suoi concittadini. A tale riguardo, Lucca non potrà mai dimenticare le iniziative del Mansi nel campo della formazione e della cultura del Clero, e specialmente il periodo del suo ministero pastorale, breve ma denso di opere, durante il quale egli dimostrò amore particolare per i poveri e premurosa sollecitudine per tutte le necessità anche materiali che in quel tempo affliggevano il suo popolo. Cosicché nella lunga serie dei Vescovi benemeriti della città di Lucca, il nome di Monsignor Mansi a buon diritto si colloca tra i più illustri e più degni.
Amiamo perciò fare voti cordiali, affinché le indette manifestazioni, oltre che a mantenere vivo il ricordo dello studioso insigne e del Pastore benemerito, contribuiscano altresì al maggior bene spirituale del popolo di Dio; possano cioè servire - in un momento in cui tutta la Chiesa è più che mai impegnata di fronte al pensiero e alla vita moderna nel mondo - a coltivare sempre più, specialmente tra i Sacerdoti, quell’ideale di religione e di cultura, che ebbe nel Mansi un promotore convinto ed un esempio luminoso.
Mentre affidiamo al Signore il felice esito della commemorazione centenaria, Ci è grato avvalorare questi Nostri auguri con la propiziatrice Apostolica Benedizione, che impartiamo di cuore a Lei, Venerabile Fratello, al Clero e ai fedeli tutti della diletta Arcidiocesi Lucchese, ai Chierici Regolari della Madre di Dio, e a quanti La assecondano nel suo lavoro per la piena riuscita delle celebrazioni.
Dal Vaticano, 2 settembre 1969, anno settimo del Nostro Pontificato.
Disse, forse, a Firenze pubblicamente queste parole il Cardinale ERMENEGILDO FLORIT, nel marzo 1976 dopo morto Mons. ENRICO BARTOLETTI: cioè mi sembra proprio durante l’ESEQUIE. Ho io qui scritto adesso, “forse”, perché ancora non mi risulta che alcuno, la frase che citerò, se la sia ricordata, e quindi potrei anche essermela sognata.
RispondiEliminaDisse dunque, forse, il Cardinale Florit: “Questo è il caso, tutto unico, in cui il SUCESSORE fa l’esequie del suo PREDECESSORE.” Florit con ciò alludeva al fatto che, venendo Egli a Firenze, aveva avuto piena contezza che il Cardinale ELIA DALLA COSTA aveva indicato il Bartoletti come suo degno successore e non Lui, cioè Florit, e volle con questa frase farne nobilmente ammenda. Se fosse vero, e io non me la fosse inventata, l’apprezzerei molto detta dal Cardinale Florit.
Molto tempo prima, proprio il giorno in cui i quotidiani pubblicavano a Firenze la nomina del Bartoletti ad Ausiliare dell’Arcivescovo di Lucca, credo fosse una domenica mattina di piena estate 1958, io incontrai per caso il Bartoletti in Via de’ Pecori e, fra le altre cose, fece scivolare questa frase: “PERCUOTERANNO IL PASTORE E IL GREGGE SARÀ DISPERSO”, ma non so dove l’avesse letto. Questa sua frase combacia però stranamente con quella di Florit all’esequie. Sarà per caso?
F.to GIOVANGUALBERTO CERI
LA STORIA DE ‘I DUE CANARINI DEL SINDACO DI FIRENZE PROFESSOR GIORGIO LA PIRA’.
RispondiEliminaLa stampa li fece diventare famosi. Nella causa per la sua beatifica zio e non se ne parla. Glieli aveva dati però, a Lucca, un altro futuro santo: Monsignor Enrico Bartoletti. Perché?
Una delle molte volte che sono andato a trovare a Lucca, all’arcivescovado, Mons. Bartoletti, e cioè dopo il 1958, entrato nella sua stanza, che ha una finestra che guarda il dietro della Cattedrale di san Martino, lui mi fece notare di avere due canarini in gabbia: quasi mi volesse indicare un nostro simbolo autobiografico. Mi venne da rimanerne sorpreso è dissi, più o meno: “Ma come si fa a tenere degli uccellini in gabbia. Io non vorrei starci. Liberiamoli!!! Lui, della mia meraviglia, quasi se ne offese e mi rispose: “Se gli liberassi morirebbero, non saprebbero dove andare a dormire, e anche per procurarsi il cibo. Ma come puoi pensare che una persona come me, tanto amante della LIBERTÀ, possa, non so per quale motivo, tenere due animali prigionieri?” Capii che aveva respinto indignato l’osservazione al mittente, ma non si dimostrò adirato. Quando la volta dopo ritornai i due canarini però non c’erano più. Li aveva regalati al professor La Pira in quale credo li tenesse a Palazzo Vecchio. Anche i giornali ne parlarono.
La volta prima dell’incidente dei due canarini Mons. Bartoletti mi aveva fatto notare che io e Giorgio La Pira arrivavamo sempre senza prima avvertire, ed eravamo gli unici. Ma, per lui, disse che tutto ciò andava bene lo stesso, ovviamente trattandosi di noi. Anzi, riempiendomi di orgoglio trovò il modo di dirmi anche che, fra me e Giorgio La Pira, preferiva me, mentre fra me e Giuseppe Dossetti preferiva Dossetti. Dopo dettolo, notò che io ero rimasto male, che avevo fatto il broncio, e perciò aggiunse: “Questo lo penso io, ma non è detto che universalmente, oggettivamente, debba essere così.” E poi cambiò discorso.
Cosa ne fece il Sindaco La Pira, poi, dei due canarini? Dove andarono a finire? Forse una risposta potrebbero darcela il fratelli GIOVANNONI, O GIANNI, O GIORGIO, che, di La Pira, conoscevano tutti i particolari mentre io l’avevo visto sempre da lontano, o di sfuggita, anche perché non era effettivamente il mio tipo, né io il suo, pur essendomi io stesso rovinata l’esistenza per aver seguito la sua delibera. E si tratta della delibera dell’Amministrazione La Pira contro gli APPALTI del DAZIO, o Imposte di Consumo. E si tratta della Deliberazione Consiliare 5 ottobre 1964, n. 5555/710/C e del coraggiosissimo ricorso di La Pira, in data 16 Gennaio 1965, contro il Prefetto di Firenze che l’aveva bocciata, all’uopo ovviamente autorizzato con deliberazione d’urgenza della Giunta Comunale in data 15 Gennaio 1965, n.383. Gran parte di questa storia, che sta all’origine dell’approvazione in ITALIA dell’ IVA (Imposta sul Valore Aggiunto) non appaltabile, al posto dell’ I.C.O. appaltabile, ovviamente il tutto per l’intervento del Bartoletti, è stata pubblicata sulla rivista ‘SOTTO IL VELAME’, dell’Associazione Studi Danteschi e Tradizionali, di Torino diretta da RENZO GUERCI ( Il leone Verde Edizioni – Torino, Settembre 2005, n. VI, pp. 147 – 163). Questo numero VI della rivista potrà ancor oggi essere ricevuto da tutti telefonando a Torino, a RENZO GURCI, al n. 011 22.64.721. Email: dantesca@tin.it. Sarebbe però interessante infine sapere anche chi, a Lucca, regalò i due canarini a Mons. Enrico Bartoletti, se, chi lo fece, è ancora vivo, o qualcuno ne sa qualcosa. Siamo di fronte a due futuri santi uniti anche dalla storia di questi due canarini in gabbia. F.to GIOVANGUALBERTO CERI
La Chiesa non deve pagare l’I.C.I. (Imposta Comunale sugli Immobili) poiché dovrebbe elargire ai poveri quegli immobili con non sono strettamente utili per il culto o, tanto più, quelli in cui addirittura si svolge un’attività commerciale. Fu il Costituto di Costantino, cioè la Donazione Costantiniana ( 313 d.C.), ad autorizzare la Chiesa di Roma alla proprietà dei beni temporali, o materiali. Poi, durante l’Umanesimo, Niccolò da Cusa e Lorenzo Valla si resero conto, indignati!, che si trattava di un deprecabile falso realizzato all’epoca di Carlo Magno. Inoltre, siccome nella Chiesa adesso non ci sono più Profeti ma solo Vescovi, i suoi beni, come recita la Dottrina delle Comunità Apostoliche della DIDACHÉ (70 – 100 d.C.), dovrebbero essere ugualmente elargiti ai poveri. Quindi la Chiesa non deve pagare l’I.C.I., deve invece fare qualcosa di diverso. Se poi nella Chiesa non ci sono più PROFETI, come diceva Mons. Enrico Bartoletti ma anche Dante, è perché la castità nella nostra cultura non è più praticabile. Aveva ragione don Lorenzo Milani a non crederci: ma lui non capiva che era solo un fenomeno contingente legato al fatto che nel Cristianesimo oggi non c'è più una scienza idonea: quella che Dante chiama MORALE FILOSOFIA, che fa dipendere dalla pagana FILOSOFIA DI PITAGORA (Convivio, II, XV, 12) che poi pone nel cielo acqueo e di Maria, il nono Cristallino, e di cui fornisce poi un esempio nella VITA NUOVA: a saperla leggere (Cfr. DVD TV CANALE 10 di Umberto Cecchi - GOOGLE a Giovangualberto Ceri). F.to Giovangualberto Ceri.
RispondiEliminaPerò andrebbe anche ricordato che se oggi c'è l'I.V.A., (Imposta sul Valore Aggiunto - dal 1973), che NON E' APPALTABILE, e questa stessa imposta al posto dell'istituenda I.C.O. che invece sarebbe stata perfettamente APPALTABILE ad un aggio , a Palermo, anche del 40% ( istituenda imposta ICO caldeggiata anche dalla Mafia di Palermo, al posto dell'IVA), ebbene le tangenti, a prezzi attuali, sarebbero ammontate a circa cinque miliardi di euro annui, pari a 5.000 milioni di euro. Chi sa che ulteriore contentezza per alcuni politici, burocrati e manager. Chi se ne frega...? Nessuno ne parla poiché le cose decisive il sistema conosce bene il mezzo per occultarle al popolo. Ma i novelli politici e giornalisti vadano intanto a rileggersi il verbale della riunione dell' A.N.C.I. a Viareggio del 1972. Se non ci hanno il coraggio di rimeditarsela alla luce di quello che io ho qui evidenziato, ma dove vogliono andare...? E' a quei tempi che Vito Ciancimino si faceva il gruzzolo. Ma chi se ne frega...? Anche il Professor Giorgio La Pira sindaco di Firenze, recisamente contro Le TANGENTI e la CORRUZIONE, nonché a favore del mantenimento della legge 1/12/1970, n. 898 sul Divorzio Coniugale, fu defenestrato il 14 febbraio 1965 proprio per non arrivare in Italia all'I.V.A. non appaltabile. Ci siamo arrivati ma qualcuno l'ha pagata cara, e forse non è nemmeno finita qui. Al posto dell'I.V.A., si voleva mettere a tutti i costi l'I.C.O., e fu anche per tale ragione che durante i primi quattro anni dall' l'I.V.A. non arrivava gettito: appunto, per farla NAUFRAGARE. Ma ci fu chi si oppose, e mons. Enrico Bartoletti, l'On.le Aldo Moro e mons. Albino Luciani per me ne sapevano empiricamente qualcosa. Io la so così !!! Roba del passato? Non se ne deve parlare? Ma se non si conosce il passato, dove si vuole andare per l'avvenire? F.to Giovangualberto Ceri
RispondiEliminaCfr. FOTO: ILARIA DEL CARRETTO e Mons. ENRICO BARTOLETTI a:
RispondiEliminahttp://www.facebook.com/media/set/?set=a.228902670488564.62602.100001064993213&l=48437d71c1&type=1
Cfr. FOTO: ILARIA DEL CARRETTO e Mons. ENRICO BARTOLETTI a:
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