Tante volte, abbiamo notato, più o meno distrattamente, dei segni e delle scritte sui paramenti sacri, sui tabernacoli, sugli altari, sulle icone, insieme a disegni di animali e simboli strani. Magari ci siamo chiesti quale fosse il loro significato ripromettendoci di andarlo a cercare da qualche parte.Adesso, qui di seguito, ne indicheremo i più comuni col loro significato e se per caso qualcuno ci fosse sfuggito e vi interessa, scriveteci e cercheremo di darvi le necessarie spiegazioni.Per prima cosa va indicata la differenza che passa tra il simbolo ed il segno: quando parliamo di segno si tratti di un disegno, una scritta, un oggetto, esso vuole indicare direttamente ciò che vuole significare. Per esempio l’acqua, indica il significato diretto delle sue qualità: l’acqua disseta, lava, purifica, è limpida ecc. Così la sua rappresentazione indica proprio queste sue caratteristiche, anche se figurate.
Il simbolo, invece, unisce (la parola stessa simbolo, esprime questa capacità di unire) due realtà apparentemente differenti. Solo un accordo, una convenzione più o meno tacitamente concordata crea il legame che una volta accettato diventa anche emotivamente significativo (per esempio la bandiera o l’inno di una nazione, non sono la Nazione e tuttavia riescono ad emozionarci).
Da questo punto di vista, l’icona bizantina, anche se attraverso la raffigurazione pittorica, per i cristiani ortodossi rappresenta la presenza reale (seppur spirituale) di ciò che viene raffigurato. Per questo essi mostrano tanta devozione per questi dipinti che vengono e sono considerati davvero sacri.
Il simbolismo religioso, per le sue caratteristiche di semplicità, immediatezza ed universalità, facilita la comprensione e la diffusione di concetti-chiave delle rispettive religioni in vasti strati della popolazione. Le immagini sacre (quadri, affreschi, statue...) sono altrettanti simboli che aiutano la preghiera e rafforzano la devozione.
Il ricorso al simbolo del cristianesimo delle origini, dipese anche dal divieto di idolatrare le immagini (iconoclastìa) che i cristiani ereditarono dalla tradizione ebraica. In un primo momento, infatti, si impedì qualsiasi rappresentazione di Cristo e di Maria. Quindi i primi cristiani utilizzarono come mezzi espressivi e di appartenenza alla loro religione, due tipi di rappresentazioni: una Simbolica-astratta, con segni e forme astratte (per esempio la croce, il pesce stilizzato, le lettere greche, ecc); l’altra Figurata, ma con significati nuovi e nascosti, comprensibili solo ai cristiani.
Ecco alcuni simboli tra i più comuni:
Il ricorso al simbolo del cristianesimo delle origini, dipese anche dal divieto di idolatrare le immagini (iconoclastìa) che i cristiani ereditarono dalla tradizione ebraica. In un primo momento, infatti, si impedì qualsiasi rappresentazione di Cristo e di Maria. Quindi i primi cristiani utilizzarono come mezzi espressivi e di appartenenza alla loro religione, due tipi di rappresentazioni: una Simbolica-astratta, con segni e forme astratte (per esempio la croce, il pesce stilizzato, le lettere greche, ecc); l’altra Figurata, ma con significati nuovi e nascosti, comprensibili solo ai cristiani.
Ecco alcuni simboli tra i più comuni:
La sigla JHS o Trigramma (in alfabeto greco JЙΣ) compare per la prima volta nel III secolo fra le abbreviazioni utilizzate nei manoscritti greci del Nuovo Testamento, abbreviazioni chiamate oggi Nomina sacra. Essa indica l'abbreviazione del nome ΙΗΣΟΥΣ ( cioè "Iesous", Gesù, in lingua greca antica e caratteri maiuscoli).La sigma (la esse), che nell'originale greco era scritta nella forma di sigma lunata, molto simile a una "C", da cui le varianti tardo-antiche: IHC oppure JHC, nell'alfabeto latino divenne una S a tutti gli effetti e la H che in greco è una eta (cioè una E) fu scambiata per acca per cui nel Medio Evo il simbolo fu riportato con un significato differente: JESUS HOMINUM SALVATOR (Gesù Salvatore degli uomini).
Nel corso dei secoli il simbolo fu arricchito dai copisti con segni e tratti artistici fino ad intrecciare le lettere tra di loro e divenendo più un disegno grafico che un simbolo di qualcosa. Quando si cercò di mettere ordine e chiarezza, intorno al XVI secolo, il tratto superiore che indica in greco che si tratta di una abbreviazione, si combinò con un tratto verticale così da formare una croce o un trifoglio.
E' così che la troviamo rappresentata un po' dappertutto: su affreschi, quadri d'altare, miniature, chiavi di volta, paramenti sacri. A volte è rappresentato al centro di un sole raggiante, come sigillo di alcune antiche città, intendendo che l'irraggiamento del cristianesimo è il cemento ideale per ogni società.
Nel corso dei secoli il simbolo fu arricchito dai copisti con segni e tratti artistici fino ad intrecciare le lettere tra di loro e divenendo più un disegno grafico che un simbolo di qualcosa. Quando si cercò di mettere ordine e chiarezza, intorno al XVI secolo, il tratto superiore che indica in greco che si tratta di una abbreviazione, si combinò con un tratto verticale così da formare una croce o un trifoglio.
E' così che la troviamo rappresentata un po' dappertutto: su affreschi, quadri d'altare, miniature, chiavi di volta, paramenti sacri. A volte è rappresentato al centro di un sole raggiante, come sigillo di alcune antiche città, intendendo che l'irraggiamento del cristianesimo è il cemento ideale per ogni società.
'Ιησοῦς Χριστός Θεoῦ Υιός Σωτήρ
(Iesùs CHristòs THeù HYiòs Sotèr)
Gesù Cristo Figlio di Dio Salvatore
(Iesùs CHristòs THeù HYiòs Sotèr)
Gesù Cristo Figlio di Dio Salvatore
Si definisce ichthýs il simbolo di un pesce stilizzato, formato da due curve che partono da uno stesso punto, a sinistra (la "testa"), e che si incrociano quindi sulla destra (la "coda").
La simbologia cristiana dei tempi delle Persecuzione dei cristiani nell'impero romano (I-IV secolo) è molto ricca. A causa della diffidenza di cui erano oggetto da parte delle autorità Imperiali, i seguaci di Gesù sentirono l'esigenza di inventare nuovi sistemi di riconoscimento che sancissero la loro appartenenza alla comunità senza destare sospetti tra i pagani.
In particolare, l'ichthýs è uno dei più antichi simboli cristiani giunti fino a noi. Veniva presumibilmente adoperato come segno di riconoscimento: quando un cristiano incontrava uno sconosciuto di cui aveva bisogno di conoscere la lealtà, tracciava nella sabbia uno degli archi che compongono l'ichthýs. Se l'altro completava il segno, i due individui si riconoscevano come seguaci di Cristo e sapevano di potersi fidare l'uno dell'altro.
il Chi Rho è per antonomasia il monogramma di Cristo (nome abbreviato talora in chrismon o crismon). Esso è un monogramma costituito essenzialmente dalla sovrapposizione delle prime due lettere del nome greco di Cristo, X (equivalente a “ch” nell'alfabeto latino) e P (che indica il suono “r”). Alcune altre lettere e simboli sono spesso aggiunti.
INRI: è il Titulus crucis, un acronimo ottenuto dalla frase latina Iesous Nazarenus Rex Iudaeorum, che significa: Gesù di Nazaret, re dei giudei. Secondo i Vangeli la scritta fu voluta da Pilato e posta sopra la croce di Gesù crocifisso.
ICXC: è un acronimo ottenuto dalla prima ed ultima lettera delle due parole Gesù e Cristo, scritte secondo l'alfabeto greco (ΙΗΣΟΥC ΧΡΙΣΤΟC Si noti che la lettera finale sigma (esse) viene scritta nella forma lunata che ricorda la lettera latina C). Compare molto spesso sulle icone ortodosse, dove il monogramma può essere diviso: "IC" nella parte sinistra dell'immagine e "XC" nella parte destra.
La Colomba: Fin quasi dagli albori del Cristianesimo la colomba, animale dalla natura dolce e mite, è stato un simbolo di purezza e innocenza, che ha poi rappresentato l'intervento divino in alcuni episodi.Come simbolo di mitezza è usata in vari episodi biblici. Per gli ebrei Giona (Yohnàh, "colombo") era ed è un nome maschile comune. Nel Cantico dei Cantici, “Mia colomba” è un appellativo affettuoso rivolto alla Sulamita dal pastore innamorato e gli occhi dolci di una ragazza sono paragonati a occhi di colomba.Come simbolo di volontà divina è pure citata in alcuni passi della Bibbia. Nella Genesi (8, 11) è una colomba a portare a Noè il rametto d'ulivo che annuncia la fine del Diluvio universale e l'inizio della salvezza e di una nuova era di pace tra Dio e gli uomini. In Matteo 3,16 la colomba viene vista scendere dal cielo da Giovanni Battista durante il Battesimo di Cristo. Per questo inizialmente l'animale venne associato al battesimo (come in Tertulliano o in rappresentazioni artistiche del IV secolo).Nei codici miniati del V e VI secolo la colomba si era però già slegata dal significato unicamente legato al battesimo, per assumere il ruolo di simbolo dello Spirito Santo, in episodi come l'Annunciazione o le raffigurazioni della Trinità.
La croce cristiana: è il simbolo cristiano più diffuso, riconosciuto in tutto il mondo. È una rappresentazione stilizzata dello strumento usato dai romani per la tortura e l'esecuzione capitale tramite crocifissione, il supplizio che secondo i vangeli e la tradizione cristiana è stato inflitto a Gesù Cristo. Tuttavia si tratta di una forma simbolica molto antica, un archètipo che prima del cristianesimo aveva già assunto un significato universale: rappresenta l’unione del cielo con la terra, della dimensione orizzontale con quella verticale, congiunge i quattro punti cardinali ed è usata per misurare e organizzare le piante degli edifici e delle città. Con il cristianesimo assume significati nuovi e complessi come il ricordo della passione, morte e risurrezione di Gesù; e come un monito dell'invito evangelico ad imitare Gesù in tutto e per tutto, accettando pazientemente anche la sofferenza.
Α-Ω Alfa e Omega: sono la prima e ultima lettera dell’alfabeto greco, indicano che Cristo è l’inizio e la fine di tutto secondo la citazione dell’Apocalisse.
L'Agnello: E’ l’immagine del Cristo. Simbolo di dolcezza, di semplicità, di innocenza, di purezza e di obbedienza, per il suo comportamento e per il suo colore bianco, l’agnello in ogni tempo è stato considerato l’animale sacrificale per eccellenza.
Dopo la profezia di Isaia, «Dio ha fatto ricadere su di lui l'iniquità di noi tutti. Lo si maltratta, e lui patisce e non apre bocca, simile all'agnello condotto al macello», Giovanni il Battista dirà di Gesú che gli veniva incontro nella valle del Giordano: «Ecco l'agnello di Dio: ecco Colui che toglie i peccati del mondo».
Il venerdì santo Gesù, come vittima espiatoria, prende su di sé i peccati dell'umanità ed assume il senso del sacrificio dell’agnello preparato per la pasqua ebraica e il ruolo salvifico del sangue con cui gli ebrei avevano contrassegnato le loro porte prima dello sterminio. Per questo suo patire, le più antiche immagini ce lo mostrano coricato e non in piedi. Il simbolo però, rimanda anche al Cristo resuscitato e glorificato, come si legge più volte nell’Apocalisse. In questo caso, la docile bestia si afferma non solo come il Purificatore del mondo, ma anche come il dominatore, e l'iconografia medievale ce la presenta con una croce che le trapassa il corpo da parte a parte e verso la quale la sua testa si rivolge con la bocca semiaperta ad invitare con le parole del Signore: «Venite a me che sono dolce e umile di cuore e troverete il riposo delle vostre anime».
Per evitare confusione di culti e di credenze che avrebbero potuto sorgere per analogie di simboli (nel culto di Dioniso i fedeli sacrificavano un agnello per indurre il dio a tornare dagli inferi), il Concilio di Costantinopoli del 692 impose che l’arte cristiana rappresentasse il Cristo in Croce, non più sotto la forma dell’agnello affiancato dal sole e dalla luna, ma in forma umana.
Dopo la profezia di Isaia, «Dio ha fatto ricadere su di lui l'iniquità di noi tutti. Lo si maltratta, e lui patisce e non apre bocca, simile all'agnello condotto al macello», Giovanni il Battista dirà di Gesú che gli veniva incontro nella valle del Giordano: «Ecco l'agnello di Dio: ecco Colui che toglie i peccati del mondo».
Il venerdì santo Gesù, come vittima espiatoria, prende su di sé i peccati dell'umanità ed assume il senso del sacrificio dell’agnello preparato per la pasqua ebraica e il ruolo salvifico del sangue con cui gli ebrei avevano contrassegnato le loro porte prima dello sterminio. Per questo suo patire, le più antiche immagini ce lo mostrano coricato e non in piedi. Il simbolo però, rimanda anche al Cristo resuscitato e glorificato, come si legge più volte nell’Apocalisse. In questo caso, la docile bestia si afferma non solo come il Purificatore del mondo, ma anche come il dominatore, e l'iconografia medievale ce la presenta con una croce che le trapassa il corpo da parte a parte e verso la quale la sua testa si rivolge con la bocca semiaperta ad invitare con le parole del Signore: «Venite a me che sono dolce e umile di cuore e troverete il riposo delle vostre anime».
Per evitare confusione di culti e di credenze che avrebbero potuto sorgere per analogie di simboli (nel culto di Dioniso i fedeli sacrificavano un agnello per indurre il dio a tornare dagli inferi), il Concilio di Costantinopoli del 692 impose che l’arte cristiana rappresentasse il Cristo in Croce, non più sotto la forma dell’agnello affiancato dal sole e dalla luna, ma in forma umana.
Ancora: La forma antica dell'ancora cristiana è quella delle prime ancore marine con due bracci che si incrociavano, a volte con un anello alla sommità dove si passava la corda. Ma proprio per la sua forma caratteristica, divenne ben presto un modo alternativo per rappresentare la croce cristiana, specialmente in quel periodo in cui era pericoloso rivelare la propria appartenenza religiosa. Così bastò aggiungere una barra a metà asta divenendo di fatto una croce velata.
Per i primi tre secoli la troviamo raffigurata sepssissimo sulle tombe e sugli epitaffi, ma dopo Costantino sparì quasi del tutto sostituita apertamente dalla croce. Nel Rinascimento prima e nell'Umanesimo dopo, riappare con significato diverso e divenendo simbolo della seconda virtù teologale: la speranza cristiana. Secondo san Paolo l’ancora a cui affidarsi è Cristo.
Per i primi tre secoli la troviamo raffigurata sepssissimo sulle tombe e sugli epitaffi, ma dopo Costantino sparì quasi del tutto sostituita apertamente dalla croce. Nel Rinascimento prima e nell'Umanesimo dopo, riappare con significato diverso e divenendo simbolo della seconda virtù teologale: la speranza cristiana. Secondo san Paolo l’ancora a cui affidarsi è Cristo.
Fenice: La Fenice, o Araba Fenice, nasce come un uccello molto variopinto che aveva piume rosse sul corpo,il collo dorato e nella coda si riconosceva anche l’azzurro, così come in una delle due piume che ornavano il capo. Aveva zampe lunghe e un becco affusolato, una sagoma molto simile a quella dell’airone, anche se i romani la affiancarono al fagiano dorato e nella bibbia si associa all’ibis o al pavone.
Il suo culto nasce in Egitto e ad esso venivano attribuiti importanti significati che la rendevano un uccello di buon auspicio e dal grande significato spirituale.
La Fenice venne associata al dio del sole Ra, divenendone l’emblema, tanto che il Bennu (il nome iniziale che poi in Grecia mutò in Fenice) divenne il geroglifico con cui si rappresentava la divinità del sole. A differenza di quanto possa far immaginare il nome, secondo le leggende la Fenice è unicamente maschio.
Celebre per essere l’uccello che risorge dalle proprie ceneri, divenne per questo simbolo della resurrezione di Cristo.
La leggenda narra che quando la fenice si sentiva prossima alla morte, raccoglieva erbe aromatiche quali sandalo, mirto, mirra, cannella e si costruiva un grande nido a forma di uovo e qui si lasciava morire arsa dalle sue stesse fiamme. Dalle sue ceneri nasceva un uovo che il sole faceva nascere e schiudere in tre giorni dando vita ad una nuova Fenice che volava via subito.
Il suo culto nasce in Egitto e ad esso venivano attribuiti importanti significati che la rendevano un uccello di buon auspicio e dal grande significato spirituale.
La Fenice venne associata al dio del sole Ra, divenendone l’emblema, tanto che il Bennu (il nome iniziale che poi in Grecia mutò in Fenice) divenne il geroglifico con cui si rappresentava la divinità del sole. A differenza di quanto possa far immaginare il nome, secondo le leggende la Fenice è unicamente maschio.
Celebre per essere l’uccello che risorge dalle proprie ceneri, divenne per questo simbolo della resurrezione di Cristo.
La leggenda narra che quando la fenice si sentiva prossima alla morte, raccoglieva erbe aromatiche quali sandalo, mirto, mirra, cannella e si costruiva un grande nido a forma di uovo e qui si lasciava morire arsa dalle sue stesse fiamme. Dalle sue ceneri nasceva un uovo che il sole faceva nascere e schiudere in tre giorni dando vita ad una nuova Fenice che volava via subito.
Palma: L'antica simbologia della palma del martirio e, in generale, la palma intesa come simbolo del Cristianesimo, si collega all'Oriente, cioè alla terra dove maggiormente si trova questo albero slanciato e vigoroso con possenti pennacchi di foglie disposti a raggio come quelli del sole. Il legame con il martirio è dovuto al fatto che nell'iconografia cristiana ai martiri la palma era spesso associata.Il suo significato è quello della vittoria, dell'ascesa, della rinascita e dell'immortalità. Si collega anche alla fenice e ha la funzione di albero della vita. Questa simbologia, presente fin dall'epoca paleocristiana è legata a un passo dei Salmi, dove si dice che come fiorirà la palma così farà il giusto: la palma infatti produce un'infiorescenza quando sembra ormai morta, così come i martiri hanno la loro ricompensa in paradiso.Nella domenica detta appunto delle Palme la simbologia rimanda all'entrata trionfale di Gesù Cristo in Gerusalemme (Vangeli, Giovanni 12,13) prefigurando in anticipo la Resurrezione dopo la morte. Ugualmente, la palma ha lo stesso valore di simbolo della resurrezione dei martiri (Apocalisse 7, 9).
Pavone: simbolo della resurrezione e della vita eterna. La sua celebrita' risale al mondo classico ed era tale da farlo comparire persino in alcune monete dell'antica Grecia. Per i Greci rappresentava infatti lo splendore del firmamento ed era inoltre legato ad Era, la madre di tutti gli dei.
Per la sua bellezza e' stato raffigurato in molti preziosi mosaici rinvenuti nelle dimore dei patrizi romani, per i quali simboleggiava l'incorruttibilita'.
Si riteneva che sue carni, in particolari condizioni, non sarebbero mai andate in putrefazione. Per questo era considerato anche come un simbolo di immortalita'.
La straordinarieta' di questo uccello non finiva qui. Il fatto che nella stagione invernale perdesse le piume e ne acquistasse di nuove ed addirittura piu' belle a primavera, fece si' che il mondo cristiano dei primi secoli lo adottasse come simbolo di resurrezione. Questa e' la ragione per cui le sue raffigurazioni sono state ritrovate numerose nelle catacombe di Roma.
Per la sua bellezza e' stato raffigurato in molti preziosi mosaici rinvenuti nelle dimore dei patrizi romani, per i quali simboleggiava l'incorruttibilita'.
Si riteneva che sue carni, in particolari condizioni, non sarebbero mai andate in putrefazione. Per questo era considerato anche come un simbolo di immortalita'.
La straordinarieta' di questo uccello non finiva qui. Il fatto che nella stagione invernale perdesse le piume e ne acquistasse di nuove ed addirittura piu' belle a primavera, fece si' che il mondo cristiano dei primi secoli lo adottasse come simbolo di resurrezione. Questa e' la ragione per cui le sue raffigurazioni sono state ritrovate numerose nelle catacombe di Roma.
In effetti è curioso come questo uccello marino trattiene il cibo pescato in una sacca che ha sotto il becco e giunto al nido nutre i piccoli con esso curvando il becco verso il petto per estrarne i pesciolini. Gli antichi, erroneamente, pensarono che l’animale si lacerasse le carni per farne uscire il sangue con cui nutrire i piccoli pellicani affamati. Per questo, il pellicano è divenuto, durante il Medio Evo, il simbolo dell’abnegazione con cui si amano i figli e ne ha fatto l’allegoria del supremo sacrificio di Cristo, salito sulla Croce e trafitto al costato da cui sgorgarono il sangue e l’acqua, fonte di vita per la salvezza degli uomini.
Ecco perché esso compare spesso scolpito in molti altari e ricamato o dipinto nelle casule dei sacerdoti ancora oggi.
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