martedì 27 marzo 2012

In 12 anni 2.000 morti nelle carceri, 700 i suicidi

lunedì 05 marzo 2012
 Nel 2011 si sono suicidati 63 detenuti (38 italiani e 25 stranieri) nei penitenziari italiani su un totale di 186 persone decedute per cause naturali o per cause da accertare (in 23 casi sono in corso indagini giudiziarie). Nel 2010 i suicidi furono 65, i tentati suicidi 1.137, gli atti di autolesionismo 5.703, i decessi per cause naturali 108.
Il totale dei “morti in carcere” nel corso degli ultimi 12 anni supera le 2.000 unità: 1.954 fra i detenuti e 91 fra gli agenti di Polizia penitenziaria. Dal 2000 al 2012 si sono uccisi 700 detenuti e ci sono stati anche 85 agenti suicidi.
 Queste cifre terrificanti emergono dal rapporto sullo stato dei diritti umani negli istituti penitenziari e nei centri di accoglienza e trattenimento per migranti in Italia. La Commissione diritti umani del Senato ha lavorato mesi su questo documento, che verrà posto in votazione la prossima settimana.
Il numero dei suicidi è alto perché l’Italia è fra gli ultimi posti in Europa nel rapporto fra detenuti e posti in carcere.

La situazione al 29 febbraio 2012 è la seguente: capienza complessiva 45.742 posti; detenuti presenti 66.632, di cui solo 38.195 sono condannati definitivi. Gli stranieri sono 24.069 (20,1% marocchini, 14,9% romeni, 12,9% tunisini, 11,6% albanesi). Le leggi svuota carceri (quella di Alfano del 2010 e quella recentissima del ministro Severino) hanno consentito l’uscita dal carcere di 5.140 persone.
Se il problema carceri non verrà risolto al più presto, l’Italia rischia di pagare caro anche dal punto di vista economico. L’Italia non ha il reato di tortura, ma il Comitato europeo per la prevenzione della tortura (Cpt) ha stabilito nel 1992 che ogni detenuto deve disporre di almeno 7 metri quadri nelle celle singole e di almeno 4 metri quadri nelle celle multiple. Se si hanno a disposizione meno di tre metri quadri, si è in presenza di tortura. L’articolo 3 della Convenzione europea dei diritti dell’Uomo stabilisce: “Nessuno può essere sottoposto a tortura né a pene o trattamenti inumani o degradanti”.

Nel 2008 la Corte Europea dei diritti dell’Uomo ha condannato lo Stato italiano a versare 5.000 euro al detenuto Scoppola perché non fu protetta la sua salute. Nel 2009 la stessa Corte di Strasburgo ha condannato l’Italia a risarcire 1.000 euro al bosniaco Sulejmanovic perché detenuto con altre quattro persone in una cella di 16 metri quadri.
Nel 2001 il Tribunale di Sorveglianza di Lecce ha riconosciuto il danno esistenziale al tunisino Abdelaziz, rinchiuso con altre due persone in una cella di 11,5 metri quadri ed ha imposto un risarcimento di 220 euro a carico dell’amministrazione penitenziaria. L’ordinanza è stata impugnata dall’avvocatura di Stato in Cassazione.

Sempre a Lecce, il 13 febbraio 2012, l’amministrazione penitenziaria è stata condannata a risarcire i danni per la lesione della dignità e dei diritti di quattro detenuti del carcere di Borgo San Nicola. Il giudice Luigi Tarantino ha riconosciuto, nei confronti dei detenuti, “lesioni della dignità umana, soprattutto in ragione dell’insufficiente spazio minimo fruibile nella cella di detenzione”. Il Tribunale di Asti nel gennaio 2012 ha condannato alcuni agenti di polizia penitenziaria “per violenze fisiche e privazioni del sonno”.
L’impressione che se ne trae è che questi ricorsi potrebbero moltiplicarsi a pioggia costringendo lo Stato italiano a cospicui risarcimenti. Il ministro Severino ha promesso un piano con 11.573 nuovi posti nei penitenziari.

Dopo l’indulto approvato nel 2006 durante il Governo Prodi, la popolazione carceraria scese a 39mila unità su circa 45.000 posti. Nel 2008 il rapporto detenuti/posti era già risalito al 129,9%, nel 2009 al 148,2%, oggi con le leggi svuota carceri siamo al 145,6%. Le carceri soffrono anche per la mancanza di personale: rispetto alla dotazione organica prevista mancano 6.000 agenti di polizia penitenziaria su 45.121 unità e 34 magistrati di sorveglianza su 202.
L’indulto del 2006 ha funzionato parzialmente: su 36.741 beneficiati, circa un terzo del totale (12.462) ha fatto rientro in carcere prima del 30 giugno 2011.

Un capitolo a parte è quello degli ospedali psichiatrici giudiziari che saranno chiusi a partire dal primo febbraio 2013. Il ministro Severino, alla Commissione Diritti umani del Senato, ha ribadito che “le persone che hanno cessato di essere socialmente pericolose dovranno essere dimesse senza indugio e prese in carico, sul territorio, dai dipartimenti di salute mentale”. Al 31 dicembre 2011 risultano 1.549 internati negli ospedali psichiatrici giudiziari, case di lavoro e case di cura e custodia. Essi rappresentano il 2,3% della popolazione detenuta.
C’è poi la delicata questione dei bambini in carcere con le detenute madri. La legge prevede che, sotto i tre anni di età, i bambini vivano in carcere con le madri. Al 30 giugno 2011 nelle carceri italiane erano presenti 53 madri con 54 bambini. Solo a Rebibbia ci sono 14 madri, di cui 13 Rom. Sono per lo più condannate per reati di furto ed è difficile che vengano concesse misure cautelari o alternative in quanto recidive e perché le condizioni abitative nei campi non sono accettabili.

La legge sulle detenute madri, approvata nell’aprile 2011, porta a sei anni il limite di età dei figli sotto il quale è possibile la custodia fuori dal carcere. Le strutture previste sono case famiglia protette (ve ne sono pochissime attualmente in funzione) e gli Istituti di custodia attenuata per madri detenute. Per ora uno solo di questi istituti è stato realizzato (a Milano). Per quanto riguarda gli italiani detenuti all’estero, la Farnesina fornisce la cifra di 2.905 unità.
Fonte http://www.ristretti.org/
http://www.giustiziagiusta.info/index.php?option=com_content&task=view&id=5405&Itemid=74

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