lunedì 27 febbraio 2012

Il polmone del mondo rischia di non respirare più.



È imminente la costruzione di un eco-mostro in Amazzonia

di Paola Bisconti

I 40.000 indiani appartenenti alle tribù Xikrim, Kararao, Arawetè, Parakanà, Xipaya, Juruna, Kuruway, Araras, Karajà sono state rappresentate dal capo dei Kayapò, Raoni Metuktire per la difesa del loro territorio che rischia di essere deturpato. Gli abitanti indigeni che vivono nel cuore della foresta Amazzonica, in Brasile, si ribellano infatti alla costruzione di una centrale idroelettrica, la terza più grande del mondo: la diga di Belo Monte sorgerà lungo il fiume Xingu provocando un disastro ambientale dalle proporzioni enormi. Il presidente Dilma Rouseff ha espresso il suo consenso per l’eliminazione di 400.000 ettari di foresta, che comporterà la conseguente assenza di acqua per le comunità locali, lo stravolgimento dell’ecosistema fluviale e forestale sul quale poggia l’economia degli abitanti, il danneggiamento per la fauna ittica con la scomparsa di alcune specie di pesci e il trasferimento forzato di migliaia di persone.

Il business legato all’operazione Belo Monte finanziato dalla Santander, la più grande banca europea, prevede un costo di 17 miliardi di dollari per l’edificazione, affidata all’impresa Nota Energia, di una centrale che produrrà 11.000 MW. Ma basteranno tre mesi senza piogge e la diga si trasformerà nell’impianto meno efficiente al mondo fornendo solo 1 MW di energia. Il governo lo considera, tuttavia, una parte fondamentale del “Programma di Crescita accelerata”: ha infatti approvato la costruzione di altri 60 impianti su tutto il territorio nazionale.

Nonostante quindi i dissensi da parte della popolazione, l’azienda idroelettrica incaricata alla costruzione della centrale ha effettuato una sorta di analisi del territorio, utile solo ad indennizzare i fazenderos, i proprietari delle terre, dove sono stati rinvenuti dei reperti archeologici risalenti al neolitico. Queste accortezze preliminari non sono servite a nulla se non a ricattare gli abitanti e ad incrementare una lotta sempre più disperata fra le popolazioni indigene contro i progetti governativi che sfruttano le risorse naturali, minacciando seriamente la sopravvivenza di coloro che vivono in Amazzonia. Le tribù, tuttavia, non smettono di lottare attraverso clamorose manifestazioni ed una petizione che ha raccolto mezzo milione di firme. Le preoccupazioni per il pesante impatto sociale sono sostenute dal FUNAI, l’Agenzia degli Affari Indigeni del Brasile, che lotta insieme alla Rainforest Foundation, di cui è portavoce Sting, il celebre cantante. Anche il regista James Cameron ha filmato le proteste sfilando nei cortei organizzati anche da GreenPeace e dall’organizzazione Amazon Watch.

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