8,3 milioni di poveri in Italia
Famiglie e giovani a rischio
della Redazione on line
17 ottobre 2011
Italia sempre più povera. Sono 8,3 milioni i cittadini che vivono in povertà, pari al 13,8% della popolazione: famiglie numerose, monogenitoriali e del Sud le più colpite. Ma in tempi di crisi economica, la povertà sta cambiando volto: secondo i dati raccolti dalla Caritas, il 20% delle persone che si rivolgono ai Centri di ascolto in Italia ha meno di 35 anni. In soli cinque anni, dal 2005 al 2010, il numero di giovani è aumentato del 59,6%. Il 76,1% di essi non studia e non lavora, percentuale che nel 2005 era del 70%. Sono alcuni dati del Rapporto 2011 su povertà ed esclusione sociale in Italia, che sarà presentato domani a Roma da Caritas Italiana e Fondazione Zancan, in occasione della Giornata mondiale contro la povertà.
Dunque - secondo il Rapporto intitolato 'Poveri di diritti (Edizioni Il Mulino) - l'Italia è ben lontana dal trovare una soluzione efficace alla piaga della povertà: se nel 2009 erano 7,8 milioni i poveri (13,1%), nel 2010 hanno raggiunto quota 8,3 milioni (13,8%). In totale in Italia sono 2,73 milioni le famiglie povere. Eppure - secondo Caritas e Fondazione Zancan - le risorse per far fronte al fenomeno ci sono, ma sono male investite: una parte del Rapporto è dedicata all'analisi della spesa sociale e per la povertà da parte dei comuni italiani. Il Rapporto 2011 dedica un'attenzione particolare al tema dei diritti negati. Perchè parlando di povertà non si deve ragionare solo in termini di deprivazione economica, ma si deve pensare alle altre conseguenze concrete: essere poveri significa negazione del diritto al lavoro, alla famiglia, all'abitazione, ma anche alla giustizia, all'educazione, alla salute. E un diritto negato è anche quello a un futuro per i giovani. Giovani che - come testimoniano i dati raccolti da Caritas - sono sempre più poveri e senza lavoro o prospettive.
Monsignor Crociata : La povertà minaccia la famiglia.
I dati del Rapporto Caritas-Zancan "dimostrano un generalizzato aumento della povertà e di nuovi poveri" nel Paese e il "progressivo coinvolgimento in situazioni di temporanea difficoltà economica di persone e famiglie tradizionalmente estranee al fenomeno". Lo ha sottolineato il segretario generale dell'Episcopato Italiano, monsignor Mariano Crociata, presentando alla stampa questa dolente fotografia degli effetti della crisi nel nostro Paese. Per il numero due della Cei, che promuove ogni anno questa rilevazione attraverso la Caritas Italiana che è un suo organismo, "un aspetto molto preoccupante è che le nuove situazioni di povertà sono sempre meno legate a storie di persone sole e sempre più caratterizzate da un coinvolgimento complessivo dell'intero nucleo familiare. Tutti i membri della famiglia si trovano a vivere, in modi diversi, una condizione di stress e di sofferenza, anche se sono le donne e le nuove generazioni a pagare il prezzo più elevato".
Commentando i dati, monsignor Crociata ha sottolineato, in particolare, "la condizione dei giovani, la cui povertà fondamentale si configura come mancanza o perdita di futuro, perchè vede sommersi e resi inaccessibili i territori del sapere e intaccata ogni opportunità di lavoro". "Scuola e lavoro - ha affermato - sono i fattori decisivi per le nuove generazioni". Il segretario della Cei ha fatto riferimento
anche "alle persone e le famiglie immigrate, nelle quali ancora una volta sono le donne, i bambini e gli adolescenti a subire gli effetti peggiori del crescente impoverimento generale e le conseguenze di una cittadinanza incompiuta che espone maggiormente alla povertà". A suo parere l'aumento della "povertà familiare" (del 44,8 per cento) è "spesso aggravato dall'incapacità di rinunciare a determinati livelli di consumo". "In questo senso - ha precisato il segretario della Cei - anche lo stile di vita può divenire causa di povertà: molte situazioni di indebitamento e di indigenza derivano
dall'incapacità di gestire in modo adeguato i consumi in rapporto all'effettiva entità delle disponibilità
economiche". Si è perciò poveri "per insufficienza o assenza di risorse economiche" ma anche per mancanza "di capacità, di relazioni e di socialità, privazione di strumenti informativi e culturali, perdita di identità e di senso, smarrimento di valori e assenza di punti di riferimento solidali all'interno della città e del tessuto sociale".
Occorre, ha chiesto Crociata, "cogliere i segnali di preoccupazione che giungono in questa fase della vita sociale ed economica e incoraggiare a farsene carico responsabilmente", vista "la riduzione dell'offerta di possibilità per un numero crescente di persone": l'aumento della povertà, infatti, mette in crisi "la tenuta complessiva di una società come la nostra, attraversata da profonda crisi economica, ma anche da anomia e crisi di senso e di valori".
Tratto da : www.avvenire.it/
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