Fonte: L’Unione Sarda del 15 febbraio 2015
Otto legislature, trent’anni in Parlamento: si può dire che sia nato onorevole. Carriera folgorante, da segretario del Fronte della Gioventù a presidente della Camera dei Deputati, Gianfranco Fini ha il dono della sintesi. Non spreca una parola. Anche quando ha rotto il matrimonio con Silvio Berlusconi, è andato sul telegrafico: che fai, mi cacci?, gli ha domandato senza aggiungere una sillaba di più Molto, molto peggio: non era stato soltanto licenziato ma messo sbrigativamente al muro. Il plotone d’esecuzione era guidato da Vittorio Feltri sulle colonne del Giornale,foglio di famiglia dell’allora quasi- pregiudicato B. La cessione di un appartamento a Montecarlo, donato da una vetero e aristocratica camerata ad An, ha scatenato una spietata campagna stampa contro di lui, accusato di aver venduto quella casa a suo cognato per un prezzo ridicolo. Storia pesante ma Gianfranco Fini ne è uscito miracolosamente in piedi anche se la sua stella politica è precipitata, l’immagine pubblica fatta a pezzi«Ho pagato e pago un prezzo molto alto. Purtroppo è fondato il vecchio detto: calunniate calunniate, qualcosa resterà». Sessantatré anni, bolognese, è stato il successore del fascistissimo Giorgio Almirante, segretario del Msi. Poi, pian piano ha avviato l’operazione pulizia: prima ha fatto sparire la fiamma tricolore dallo stemma del partito, poi annacquato le dichiarazioni per la stampa uscendo definitivamente dal triste vocabolario del Ventennio. Oggi non ripeterebbe che i gay non dovrebbero fare gli insegnanti. Il Fini riveduto e corretto aggiusta la- pidariamente il tiro: affiderebbe suo figlio a un insegnante gay? «Un gay non è certo un pedofilo». Elementare, no? L’operazione più importante della sua vita politica è stata l’alleanza con Silvio Berlusconi e la confluenza di An nelle fila di Forza Italia per dare vita al Popolo delle Libertà. Per un figlio d’arte (fascista la madre, fascista il padre, variabile impazzita il nonno, comunista), è stato un grande salto nella Politica con la p maiuscola. Grazie a lui, la destra più irriducibile era stata sdoganata; grazie a lui, i missini potevano finalmente indossare il doppiopetto e mettere il naso fuori dalla gabbia dov’erano stati tenuti fin dal dopoguerra. A quel punto ha potuto permettersi di precisare di non essere mai stato fascista (un po’ come Walter Veltroni, che non è mai stato comunista) e raccontare d’essersi buttato a destra per «reazione all’arroganza della Sinistranella Bologna della fine anni ’60».
Liberadestra è un’entità quasi clandestina: come farla uscire allo scoperto?
«Liberadestra è un’associazione politico culturale, non un partito che ha “l’obbligo” di essere visibile tutti i giorni. Organizza seminari di studio, propone analisi su questioni che vanno oltre l’attualità – dal futuro dell’Unione europea al rapporto con il mondo islamico – cerca di mettere in rete, tramite i social media, qualche idea per definireuna politica di destra che non sia tutta piegata su se stessa o peggio rivolta al passato».
Come trascorre adesso il suo tempo?
«Organizzando quel che ho appena detto e tenendo i contatti con tanti amici sparsi per l’Italia».
Cosa rimpiange?
«Nulla in particolare».
Cosa non rifarebbe?
«Proporre la confluenza di An nel PdL, che fu comunque votata dal 97% del partito. Tornando indietro, non siglerei neppure l’alleanza elettorale con Monti e Scelta Civica. Sono state scelte che hanno annullato la nostra identità programmaticae culturale di destra».
Medita un ritorno alla grande politica?
«Difficile rispondere, dipenderà dalle condizioni. Certo non credo che la destra possa ridursi al populismo antieuropeista di Salvini>
I rapporti con Berlusconi oggi?
«Inesistenti».
Secondo lei, B. è politicamente finito?
«No, ma è in enormi difficoltà. Pensa a difendere i suoi legittimi interessi aziendali e politici, che vuol dire essere nuovamente candidabile. Tutto questo lo assorbe molto più che contribuire a costruir una alternativa credibile a Renzi».
È Matteo Salvini il nuovo leader del centrodestra?
«Non può esserlo, almeno se parliamo di un centrodestra vincente. Può raccogliere consensi di protesta, contro l’euro e gli immigrati. Ma non ha cultura di governo, propone solo una rumorosa opposizione».
E ha proposto per il Quirinale il cecchino Vittorio Feltri.
«Appunto. È il candidato ideale per protestare, non per rappresentare l’Italia».
Mattarella: per trovare un presidente della terza Repubblica sono andati a frugare nei magazzini della prima.
«Per stile personale, preparazione giuridica, esperienza politicoistituzionale sarà un buon presidente. Certo, è un galantuomo senza scheletri nell’armadio».
Il timore di tanti:moriremo democristiani?
«La Democrazia Cristiana è morta e sepolta. È ancora viva una cultura politica di ispirazione cattolico-progressista che si rifà a La Pira, Elia, Moro… Non è certo la mia, ma merita rispetto».
Calderoli che definisce orango Cécile Kyenge la lascia indifferente?
«No, ma di insulti e idiozie è piena purtroppo la cronaca politica»
Matteo Renzi: per alcuni un genio, per altri un bullo diccì. Secondo lei?
«È un segno dei tempi. Certo non fa ben sperare per il futuro… Comunque, né un genio e neppure un bullo, né l’uno né l’altro: è un dirigente politico spregiudicato, abile nella propaganda, sicuramente fortunato. Ricorda un po’ il Berlusconi prima maniera, senza però un impero mediatico e finanziario alle spalle».
Cosa nasconde il Patto del Nazareno?
«A mio parere, nulla. Era un patto di reciproci interessi. A Renzi serviva per mettere fuori gioco la sinistra del partito, a Berlusconi tornare al tavolo che conta e garantirsi. A volte però il diavolo fa le pentole e non i coperchi. Guardate un po’ com’è andata a finire».
Previsioni per l’Italia prossima ventura.
«Passerà la nuova legge elettorale ma non la riforma della Costituzione.E si voterà prima del 2018».
Fonte: Liberadestra.
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