Diamo un’occhiata alla cartina geografica dell’Italia e sbirciamo a nord
del Friuli Venezia-Giulia: troveremo una zona denominata Carnia
(Cjiargne nel dialetto del luogo) confina a nord con l'Austria, a sud
con la provincia di Pordenone, ad ovest con il Veneto e ad est con il
Canal del Ferro-Val Canale anch'esse in provincia di Udine. Una zona di
montagna insomma, con i suoi piccoli paesi sparsi qua e là (fa eccezione
una cittadina di fondovalle: Tolmezzo), relativamente chiusa rispetto a
tutto ciò che è la vita frenetica e caotica della città. Che c’entra
questo con ciò per cui noi combattiamo, con i nostri valori, la nostra
guerra? Ebbene, sono uno studente nato proprio in quel luogo e, da un
paio d’anni, trasferito a Ladispoli per motivi di studio. Inizialmente
entusiasta di “andarmene finalmente fuori” da un posto che consideravo
ormai angusto e privo di opportunità ero pronto a gettarmi nella vita
frenetica della Capitale, fare nuove conoscenze, incontrare persone. Ma
tra il dire e il fare…ambientarsi, per una serie di motivi, non è stato
per nulla semplice, anzi. Non voglio incentrare questa riflessione sulla
mia vita personale per cui non mi dilungherò ad esplicarne i motivi.
Ciò a cui voglio arrivare è ammettere che ora, quando ritorno nella mia
terra, ne apprezzo ogni singola cosa, anche ciò che prima era scontato,
banale, quotidiano. Vedere la mia gente, camminare per le mie
(bellissime) montagne, festeggiare con una bicchierata tra amici alla
sagra di paese di turno.. sensazioni, emozioni, persone uniche.. Insomma
riscoprire tutto ciò che caratterizza il mio territorio nelle sua vita,
nelle sue tradizioni, nei suoi luoghi. Può sembrare l’ennesima
storiella per chi la legge, ma per chi la vive è ben diverso. Purtroppo
più passa il tempo e più la zona si sta spopolando: le coppie giovani
preferiscono trasferirsi in zone in cui i servizi sono più a portata di
mano e in cui il cosiddetto “progresso” ha portato posti di lavoro
sicuri (in Carnia c’è una notevole carenza di industrie e, purtroppo,
nemmeno il turismo è ben sfruttato), gli abitanti anziani muoiono l’uno
dopo l’altro. Col risultato che ogni volta che faccio ritorno al mio
paesino d’origine lo ritrovo sempre più malconcio e desolato.
Conseguentemente, tutto ciò che è il passato di queste bellissime
montagne, rischia di scomparire: le tradizioni, le feste, i canti, le
storie, gli insegnamenti che i nonni e i vecchi hanno tramandato con la
speranza che non vengano perduti. Mai come oggi ho timore che il mondo
moderno, con la sua continua e insaziabile fame si mangi tutto ciò che
fa del mio territorio ciò che di più bello c’è al mondo. Ed è lo stesso
sentimento che provo nel vedere quotidianamente ciò che le forze
disgregatrici della subdola democrazia e il potere incontrastato dei
burocrati internazionali, assieme a tutto ciò che manipolano, stanno
facendo alla nostra povera Italia. L’allarme è questo: il mondo moderno
oltre che cercare di distruggere la solidità e i valori dell’Italia,
influisce inevitabilmente anche sulle piccole realtà locali, (come
accade al mio territorio); non voglio la morte del mio paese (come degli
altri) per vedere ingigantita l’ennesima città piena e affollatissima
di persone stressate e alienate. La mia guerra per il Fronte della
Tradizione è anche una guerra in difesa della mia montagna e dei suoi
incantevoli posti, in cui ho avuto la fortuna di nascere. Lotterò con
tutto me stesso perché essa rimanga incontaminata dalla follia degli
uomini moderni.
Elio Carnico
http://aurhelio.blogspot.it/2012/08/tradizione-e-territorio-un-legame.html
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